Emergenza profughi, i sindaci: "Non ci sono più posti"

Coro unanime dopo l’incontro con il pretetto

Profughi a mensa

Profughi a mensa

Imola, 12 agosto 2016 – Il coro è unanime: in circondario non ci sono strutture pubbliche disponibili per accogliere nuovi richiedenti asilo. Non più di quelle attualmente occupate o destinate a ospitare, nel giro di poco, i profughi già assegnati. È questo il quadro che emerge sul Santerno dopo il vertice straordinario dell’altro giorno a Bologna tra prefetto e Comuni. La riunione, fissata per fare il punto sull’ultima ondata di sbarchi, ha messo in luce la necessità di ampliare il numero delle strutture disponibili per garantire una sistemazione ai profughi che arriveranno a Bologna, città che registra il ‘tutto esaurito’, nelle prossime settimane. Diversamente, il prefetto si muoverà in autonomia (come peraltro già fatto in passato), collocando i richiedenti asilo in luoghi privati.

«A oggi nell’imolese non esistono altre strutture utilizzabili rispetto a quelle già in uso – sottolinea Roberto Visani, referente per le politiche sociali in Circondario -. Ci sono però strutture private dove gli operatori del terzo settore possono verificare la disponibilità». Detto ciò Visani sottolinea che «nell’ambito della Città metropolitana, tra tutti i distretti c’è una distribuzione omogenea dei profughi. E comunque dobbiamo uscire dalla logica dell’emergenza e andare verso un sistema Sprar che lavori sull’accoglienza di piccoli numeri. Il distretto imolese è l’unico della provincia che ha partecipato all’ultimo bando».

In virtù del quale, il Viminale ha stanziato per via Boccaccio 643mila euro per un progetto di «accoglienza integrata» al fine di ospitare, di qui a dicembre 2017, 30 profughi. Nove di questi saranno accolti a Castel San Pietro. Qui il sindaco Fausto Tinti auspica che la discussione venga affrontata in sede di Conferenza territoriale socio-sanitaria metropolitana. «L’organismo è da poco avviato ma è la sede competente da cui far partire una strategia condivisa che non deve far sfilare nessuno – affonda -. Nell’ambito del circondario ci sono diverse disomogeneità, alcuni Comuni fanno più fatica di altri. E non è solo un discorso di disponibilità di strutture, ma anche di soggetti gestori. Per questo serve una strategia comune». Ma il primo cittadino, consigliere metropolitano, si appella anche al governo che «dovrebbe esaminare le situazioni disomogenee che esistono anche tra province e città metropolitane della regione».

Come si pongono gli altri Comuni di fronte all’ennesima emergenza? A Castel Guelfo l’assessore Anna Venturini fa sapere di «stare valutando la richiesta della prefettura, visto che nel nostro territorio non abbiamo trovato strutture disponibili all’accoglienza». Idem a Dozza: «La buona volontà c’è, ma i piccoli Comuni non hanno luoghi idonei», dichiara il vicesindaco Giuseppe Moscatello. A Castel del Rio cambia poco («Non saprei proprio da che parte farmi», è la preoccupazione di Alberto Baldazzi), mentre da Fontanelice Athos Ponti passa in rassegna le strutture comunali esistenti: «La casa di riposo è rivolta agli anziani e le case popolari sono già assegnate». Stessa posizione per Mordano dove Stefano Golini osserva come gli edifici inutilizzati siano «fatiscenti».