Dagli sciamani per curare lo spirito

Un’imolese racconta: «Con l’Ayahuasca ho sentito l’energia salire in tutto il corpo»

Un’immagine della foresta amazzonica

Un’immagine della foresta amazzonica

Imola, 23 agosto 2014 - «Sono andata in Perù a fare la cerimonia dell’Ayahuasca»: non è semplice raccontarlo, tanto meno con nome e cognome. La pozione che mischia ayahuasca e chacruna - due delle ‘piante maestre’ usate dagli sciamani per la cura del corpo e dello spirito - è allucinogena, e va a finire che poi qualcuno ti prende per una fanatica dei paradisi artificiali. «Non è così, non siamo anacronistici hippy alla ricerca di esperienze psichedeliche del Duemila», chiarisce la signora imolese che si è spinta nella foresta amazzonica per esplorarsi nel profondo. Sette giorni di cui cinque di cerimonie notturne nella maloca, la capanna dove i curanderos somministrano l’infuso che fa ‘viaggiare’. Sono gli Ayahuasqueros di etnia Shipibo, in contatto con lo spirito delle piante dai componenti psicoattivi. Ma non si vola nel Perù amazzonico per turismo da sballo.

«Si va in quelle terre sulla scia di un cammino già tracciato – spiega la signora che chiameremo Lei —. Io ho frequentato corsi e sentivo di dover affrontare questa esperienza per confrontarmi con le zone più oscure del mio inconscio. Sono convinta di aver trovato maggiore chiarezza nel mio cammino». Le notti dell’Ayahuasca iniziano alle nove e proseguono per quattro-cinque ore, con gli adepti distesi sui materassini: sono lì per ricevere insegnamenti dallo spirito della pianta maestra. Lei racconta: «I curanderos distribuiscono la pozione in un bicchierino, è cattivissima; viene preparata facendo bollire per ore la chacruna, che contiene sostanze allucinogene, e l’ayahuasca che blocca l’enzima gastrico che a sua volta bloccherebbe gli effetti della chacruna». Tutto a scopo di ‘pulizia’. E a enfatizzare il rito sono i canti: «Gli Icaros, i canti guaritori che potenziano sensazioni e visioni». Il viaggio è iniziato: «Ho visto un caleidoscopio di colori, tantissimi serpenti e anche una rete, forse la protezione messa dallo sciamano contro le energie negative. E ho sentito il dolore di chi mi stava attorno. C’è chi vomita e sta male, anche il giorno dopo, per la fatica di liberarsi dai blocchi. Per risalire devi andare in basso, là ho capito Dante e il suo viaggio dall’inferno al paradiso».

Sui viaggi nella maloca vigilano gli sciamani: «Soffiano l’Agua florida, offrono ancora infuso se lo ritengono opportuno e fanno il rito dell’Arcana: ti toccano con la chacapa, una scopetta che pulisce e protegge. E’ una bella sensazione, ho sentito l’energia salire in tutto il corpo». Nelle sue notti amazzoniche, Lei pensa di aver incontrato anche gli esseri ‘elementali’ che governano terra, fuoco, aria, acqua: «Ho sentito battere sul pavimento e sulle pareti; ho visto in cielo grandi sfere luminose; ho provato sensazioni tattili su un piede e una caviglia; ho avuto l’impressione che una piuma mi sfiorasse le labbra». E di giorno? Nel villaggio a un’ora d’auto da Pucallpa, città caotica e porta d’ingresso alla foresta, è quasi vacanza. Il capo è Roger a cui il nonno e la madre, Idha, hanno trasmesso i saperi. Con gli sciamani, gli ospiti studiano le piante e si puliscono con saune, bagni di vapore, docce di infusi. «E una volta a casa, è consigliato proteggersi da energie esterne evitando per un mese massaggi e rapporti sessuali». Ognuno la pensa come crede. Lei la pensa così: «Ciò che ho vissuto, sentito, visto, resta patrimonio del mio personale e unico percorso di vita».