Venerdì 26 Aprile 2024

La lezione di Lama

O CAPITANO , mio capitano, alzati a sentire le campane (Walt Whitman). Domani, 31 maggio, in Senato (che lo ebbe come vice presidente vicario di Giovanni Spadolini), verrà ricordato, alla presenza del Capo dello Stato, il decimo anniversario della scomparsa di Luciano Lama, il grande leader sindacale che diresse la Cgil per circa 16 anni (dal 1970 al 1986). Il suo cursus honorum era iniziato da segretario della Camera del Lavoro di Forlì, appena liberata (era un romagnolo doc). Il Cln il 9 novembre del 1944 vi aveva mandato Lama, allora ventitreenne (nome di battaglia Boris Alberti). Nel 1947, Giuseppe Di Vittorio lo volle al suo fianco come vice segretario della confederazione. Lama raccontava di essersi sempre chiesto il motivo di quella promozione inaspettata, arrivando persino a rivolgersi a Luigi Longo, il quale gli diede una risposta in stile col personaggio: «A che ti serve saperlo ?».

Da quella esperienza, passò a dirigere importanti categorie dell’industria (prima i chimici poi i metalmeccanici), fino a quando, nei primi anni sessanta, fu chiamato a sostituire, in segreteria confederale, Luciano Romagnoli, un dirigente di grandissimo prestigio, colpito da un terribile male. Fu Lama a pronunciare l’orazione funebre, quando lo seppellirono a Bologna. Per alcune legislature, Lama fu anche deputato. A quei tempi, i partiti politici mandavano spesso in Parlamento i sindacalisti più noti, anche per dare una rappresentazione compiuta degli spezzoni di società di cui si consideravano espressione. Questa prassi venne meno in seguito alla fissazione negli statuti di norme che stabilivano l’incompatibilità tra cariche sindacali, mandati elettivi e incarichi di partito.

 

LAMA amava tutte le cose che piacciono alle persone normali: la buona cucina, lo sport, il calcio in particolare. Tifava per la Juventus come molti suoi conterranei. Era evidente la sua ostilità per i «pensieri forti» allora tanto in voga. Disse di se stesso: «Sono un riformista unitario o, se si vuole, un riformatore unitario». E aggiunse: «L’uguaglianza, la libertà, la democrazia, lo sviluppo, la conoscenza, la giustizia, la salute, la pace sono i valori che contano nel progresso umano e che non dobbiamo solo lasciare all’ideologia, ma viverli quotidianamente».

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