Il maceratese doc, Andrea Angeli: «Che tristezza tutti quei negozi chiusi in centro»

Verso le elezioni, il peacekeeper sempre in giro per il mondo racconta la città: «Quando torno voglio vedere l’orologio»

Andrea Angeli

Andrea Angeli

Macerata, 21 maggio 2015 – Impegnato da oltre vent’anni con le Nazioni Unite per il mantenimento della pace nel mondo, il maceratese Andrea Angeli, anche dall’Afghanistan non perde occasione per tenersi informato sulla sua città e, dalla sua prospettiva di uomo ‘del mondo’, può fornire qualche consiglio affinché la prossima amministrazione possa costruire la Macerata del futuro.

Com’è cambiata la città negli ultimi anni, lo riconosce più il centro?

«Sono molti i centri storici che hanno perso smalto, purtroppo è una tendenza. Questo per dire che si fa presto a dare la colpa agli amministratori, ma non è sempre cosi. Anzi direi che Macerata, negli ultimi anni, ha avuto primi cittadini dignitosi. Certo, se avessero dato qualche permesso in meno per i centri commerciali, forse non avremmo perso alcuni prestigiosi esercizi che hanno fatto la storia della città. Triste vedere serrande abbassate lungo il corso. E anche i piani di pedonalizzazione vanno pensati a fondo, una volta che s’intacca il tessuto sociale e le articolazioni commerciali è difficile fermare la deriva».

Come vede la contesa elettorale?

«Ho visto che ci sono una decina di aspiranti sindaci, nomi di tutto rispetto. Ottima cosa, non credo mai verificatasi in passato. Vuol dire che non c’è apatia e che ci sono al contrario molte persone pronte a impegnarsi. Confesso che non me l’aspettavo. E’ di buon auspicio».

Numerosi gli investimenti fatti nell’ultimo anno nella cultura: palazzo Buonaccorsi e l’orologio sulla torre civica, è riuscito a vederli? Cosa ne pensa?

«Vidi la sala dell’Eneide nel’ 70, tornarci quarant’anni dopo una grande emozione. Ero a Macerata il giorno della riapertura, mi sono congratulato con Carancini, un grande risultato. L’orologio ancora no, manco da cinque mesi, ma sarà la prima cosa che farò al ritorno».

Puntare sulla cultura può essere un buon fattore di rilancio nazionale e internazionale della città?

«Sono un po’ sospettoso quando sento, e capita spesso, la parola ‘puntare su’. Fa pensare che si debba fare una cosa a scapito di altre. Per cui diciamo innanzitutto che Macerata ha capacità imprenditoriali - sia industriali che artigiane - invidiabili e la laboriosità non manca. In un momento delicato come questo dobbiamo aiutare in tutti i modi chi fa fatica a mantenere livelli produttivi e di qualità. Allo stesso tempo dobbiamo - né prima né dopo, ma di pari passo - coltivare l’enorme patrimonio culturale. Occorrerà escogitare soluzioni innovative per rafforzare i due atenei della provincia, con un piano di razionalizzazione e potenziamento che salvaguardi l’autonomia e la tradizione di ciascuna sede».

La prima cosa che dovrebbe fare il futuro sindaco?

«Salvaguardare prima e potenziare poi la linea ferroviaria, opponendosi con veemenza alla logica demenziale dei tagli. Ogni anno quando sospendono le corse nel mese di agosto temo sempre per la riapertura e spero tanto che rimanga in uso anche quello che arriva all’una di notte, il mio preferito».