Ancona, 6 novembre 2010 - Carni rosse, specie se cotte alla brace, cibi affumicati, salati o conservati, poca frutta e verdura. L’alimentazione sbilanciata, tipica soprattutto dei fine settimana, quando la routine lascia il posto allo svago, è fra le principali cause di tumore allo stomaco, una forma di neoplasia poco nota, ma in continuo aumento nel nostro Paese.

 

Complice anche l’abuso di fumo e alcol, le ‘trasgressionì del week end, se diventano consuetudine, aumentano esponenzialmente il rischio di cancro allo stomaco, che «gli italiani non conoscono, nonostante sia il quarto ‘big killer’ e colpisca più di 12.500 persone l’anno con 7.500 decessi». A lanciare l’allarme Carmelo Iacono, presidente dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), oggi a Roma in apertura del XII congresso nazionale dell’associazione.
 

 

Il ruolo chiave dell’alimentazione è provato dalla forte caratterizzazione regionale tipica del nostro Paese, che vede in testa, per incidenza del tumore allo stomaco, regioni a forte consumo di carni rosse e insaccati: il primato va all’Umbria, con 28 casi su 100.000 abitanti negli uomini e 13 nelle donne, seguita da Marche, Emilia-Romagna e Lombardia. Nelle Isole, patria della dieta mediterranea, l’incidenza è esattamente della metà: il record va alla Sardegna con, rispettivamente 11 e 5 casi su 100.000. «Si parla di un vero e proprio ‘triangolo maledetto', che ha i suoi vertici a Perugia, Pesaro e bassa Romagna - spiega Marco Venturini, presidente eletto dell’Aiom - in particolare si studia fin dagli anni ‘80 il caso di San Marino, che presenta tassi di incidenza pari al Giappone, Stato con la più alta diffusione di questa malattia al mondo».
 

 

«Fra le ipotesi -prosegue- vi è anche una componente ambientale, con un’alta concentrazione di nitriti nelle acque. In queste zone si registra pure una più alta mortalità attribuibile a diversi fattori: mancata prevenzione, diagnosi spesso tardiva e limitata efficacia delle terapie a oggi disponibili.»