Macerata, 28 dicembre 2011 - Nella quaterna indicata dal nuovo cda dello Sferisterio per la scelta del direttore artistico non c’è il nome di Pier Luigi Pizzi. Ciò significa, con tutta evidenza, che dopo sei anni non sarà l’artista milanese a guidare la stagione lirica di Macerata. In questa intervista al Carlino, Pizzi rilascia le sue impressioni ormai definitive sulla questione.
 

Che ne pensa, maestro, della strada che lo Sferisterio sta prendendo?
«Macerata è una bella città, ma bisogna stare attenti: il provincialismo è una malattia – io per mia fortuna ne sono rimasto immune – dalla quale difficilmente si guarisce se non si riesce a fare lo sforzo di allungare l’orizzonte del proprio punto di vista invece di considerarlo infallibile, se non si supera la testardaggine di voler cambiare a tutti i costi quello che funziona senza avere un progetto artistico alternativo».
 

Qual è la sua impressione sulle linee-guida tracciate dal cda?
«Con un programma riduttivo come quello che viene presentato oggi non c’è bisogno di un direttore artistico, basta chiedere ad una o più agenzie di mettere insieme delle compagnie di canto, niente di più facile considerando che si vogliono solo opere popolarissime».
 

Quei titoli popolari che lei è stato accusato di aver posto in secondo piano…
«Lo Sferisterio Opera Festival in sei anni i titoli popolari li ha fatti quasi tutti e, se manca “Bohème”, di allestimenti in giro ce ne sono quanti se ne vuole. Considerando poi che delle tre opere da presentare in arena una “deve” essere “La Traviata” di Svoboda, il resto della programmazione non lascia grandi margini di scelta».
 

Secondo lei che prospettive si aprono adesso?
«Un vuoto desolante. Stupisce che nessuno abbia pensato a chiedere a un uomo capace e sperimentato come Luciano Messi di proporre un progetto. Forse è snobismo provinciale?».
 

Vuole chiarire, una volta per tutte, la sua posizione?
«Ho dato a suo tempo la mia disponibilità a proporre un programma che avevo già pronto, ho aspettato per rispetto ai molti estimatori del mio lavoro. Ma, quando ho preso atto dei tanti paletti irremovibili che si andavano ponendo al progetto artistico per il 2012, mi sono convinto che un uomo di teatro che abbia alle spalle una carriera come la mia non può perdere tempo a vanificare e distruggere in modo insensato quello che è stato pazientemente costruito, con dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti, soprattutto fuori dai confini provinciali».
 

Si augura qualcosa per il futuro dello Sferisterio?
«Mi auguro che questa farsa imbarazzante, da quattro mesi recitata da attori in balia di se stessi, senza un copione attendibile e un regista, finisca di funestare una città che meriterebbe maggior serietà».
 

E per quanto riguarda la definizione di Sferisterio Opera Festival, che è stata da lei inventata?
«Mi auguro anche che la denominazione Sof non sia più utilizzata, in quanto “festival” significava una programmazione che spaziava tra lo Sferisterio, il Lauro Rossi, il cinema Italia e l’auditorium San Paolo, consentendo la rappresentazione di opere che andavano dal Barocco al contemporaneo. Ora che il solo sforzo è limitato a tre titoli popolari allo Sferisterio, che festival sarebbe?».
 

Tornerà a Macerata?
«Sì: per trasferire altrove la mia residenza e per il trasloco».