Macerata, 14 giugno 2012 - "Da tre anni mio padre è sparito. Non si fa né sentire né vedere da me. So che lui sta in una comunità, perché mi parlava sempre di quanto gli piaceva quella setta. Per questo voglio che il capo di quella realtà lo convinca a farsi vedere da me, ad assumersi le sue responsabilità".

L’appello arriva da una sedicenne della provincia di Macerata. Si è rivolta a Oberto Airaudi, leader della comunità Damanhur, e al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. La sua è la richiesta accorata di un’adolescente che da tre anni è costretta a vivere senza una figura paterna al suo fianco. Questo perché il suo papà — almeno così sostengono la ragazzina e la madre, assistite dall’avvocato Leide Polci ha deciso di tagliare tutti i ponti con la sua vita passata e di entrare in una comunità etico-spirituale nel Torinese.


Per i suoi adepti, Damanhur è una "Federazione nata per realizzare un sogno, il sogno di una società basata sull’ottimismo e sul fatto che l’essere umano possa essere padrone del proprio destino". Per i suoi detrattori, invece, più che di una comunità si tratta di una setta. Nei giorni scorsi si è occupata di questa realtà anche 'Off the Report', la trasmissione di Rai Tre.

Che ha riportato le testimonianze di alcuni ex adepti, secondo i quali per entrare in Damanhur si chiede di "giurare segretezza e obbedienza totale", oltre che di "cambiare il proprio nome". E proprio il servizio di 'Off the Report' ha convinto la ragazzina a scrivere una lettera ad Airaudi ('Falco' per i suoi fedeli) e al Capo dello Stato.

Dalla televisione, la sedicenne dice di aver riconosciuto in Airaudi "la foto della persona di cui mio padre mi parlava sempre. A causa della frequentazione della setta da parte di mio padre — prosegue la ragazza — i miei genitori si sono separati e io vivo con mamma". Da tre anni la giovane deve fare a meno del padre: "Non si preoccupa del mio andamento scolastico, sportivo ed emotivo. Non sa che mi piace un bravo ragazzo del mio paese".

La ragazza si sente abbandonata e chiede ad Airaudi di "aiutarmi e intervenire con mio padre e convincerlo a farsi vedere da me". La giovane dice di non provare "rancore" e di essere pronta a perdonarlo. Quindi l’appello ai "giovani figli che vivono una situazione simile: vi invito a uscire allo scoperto, a non avere paura e denunciare la cosa pubblicamente". Infine la richiesta d’aiuto a Napolitano: "Chiedo anche a lei, signor presidente, di intervenire presso le autorità per risolvere la mia situazione e limitare per il futuro questo tipo di danni".

 

 

La Federazione si difende: "Accuse ingiuste, siamo aperti a tutti"

"Damanhur non è una setta. Chiunque può venire, entrare da noi, stare nella nostra comunità. Siamo aperti a tutti". Angela Toninelli — 'ribattezzata' ‘Formica Coriandolo’ dai membri della comunità torinese — è l’addetta stampa della Fedarazione Damanhur. E respinge al mittente ogni addebito rivolto alla comunità di cui fa parte.
 

"Con tutto il rispetto — si difende — purtroppo non sarebbe il primo caso di genitori, parenti o congiunti che mascherano i loro problemi familiari tirando in ballo Damanhur". Insomma, nessuno costringe i 'cittadini' della comunità a entrarvi a farne parte. Si tratta di una libera scelta — sostengono dalla Federazione — e chiunque può verificarlo, recandosi di persona a far visita alla comunità.


"La nostra — aggiunge ‘Formica Coriandolo’ — è una realtà aperta e ospitale: parenti, amici e conoscenti dei cittadini di Damanhur possono passare a trovarci e a vedere come viviamo". La comunità torinese rivendica dunque massima trasparenza.
La portavoce della Federazione dice la sua anche sulla presenza di maceratesi. "Non mi risulta — dice — nessuna persona maceratese che sia diventata cittadino di Damanhur negli ultimi tre anni. Ci sono due maceratesi che sono arrivati prima, ma con i loro problemi familiari noi non c’entriamo niente. Siamo persone serie e corrette: non abbiamo nulla da nascondere. Anzi, se il Carlino fosse interessato a verificare direttamente cosa accade da noi, saremmo ben lieti di aprirvi le nostre porte. Ma non vogliamo che si continui a diffamarci senza motivo".