Macerata, 4 marzo 2013 - Don Pietro Diletti direttore di Radio Nuova Macerata dal 1976 al 1983, rettore dell’Istituto Salesiano di Macerata dal 1997 al 2003 e attuale direttore responsabile del settimanale della Diocesi di Macerata Emmaus, da giovedì pomeriggio si è improvvisamente trovato, assolutamente non volendolo, al centro del mondo e dei riflettori. Alle 17, 15 ha accolto Benedetto XVI che dopo aver lasciato la Città del Vaticano, è atterrato nella sua residenza estiva, a Castel Gandolfo, dove don Pietro guida la parrocchia pontificia di San Tommaso de Villanova dal 2010.

“E pensare — dice don Pietro — che io avevo chiesto di andare in una parrocchia di campagna, tranquilla, in cui non ci fosse moltissimo da fare per poter continuare serenamente a scrivere, studiare e insegnare. All’inizio sarei voluto scappare e sarei voluto sparire visto che qui, invece, c’è sempre un via vai di gente sia perché si trova la residenza estiva del Papa sia perché nella bellissima chiesa del Bernini tutti si vogliono sposare. Ora che sono qui da quasi tre anni mi rendo conto di quali circostanze straordinarie stiano coinvolgendo la mia esistenza grazie anche a Joseph Ratzinger che in questo periodo sarà qui per qualche mese”.

Quanto tempo il Papa emerito rimarrà?
“Almeno tre mesi. Il monastero di clausura presso la Santa Sede, dove si ritirerà, è oggetto di una ristrutturazione. Sono andato a visitarlo e ho visto che c’è molto da fare. Ogni tre anni, come aveva voluto Giovanni Paolo II, le monache di clausura cambiano ed entra un differente ordine di suore. Ora arriveranno le clarisse”.

Come trascorre queste giornate Ratzinger?
“Già questa estate aveva portato qui trecento libri e altrettanti se ne è portati ora fra cui quelli del grande teologo svizzero Hans Urs von Balthasar. Si alza alle 6,30 poi va in cappella dove celebra la messa. Gli ho portato io il Santissimo in cappella. Poi fa colazione, legge la rassegna stampa e trascorre la giornata fra lo studio teologico, qualche suonata al pianoforte e le sue passeggiate. Non va più alle tre ville pontificie e non esce più come prima perché è molto stanco. Da quando sono qui come parroco mi ha invitato a colazione una dozzina di volte. Parliamo di tutto con lui. E’ una persona molto curiosa, mi chiede dei parrocchiani, mi ha chiesto in che tonalità è la campana che faccio suonare al suo arrivo qui a Castel Gandolfo. È un intellettuale molto concreto e non è affatto fuori dal mondo. Parlare con lui è gratificante perché quando lo fa non ha occhi per altro, è tutto tuo, è tutto per te. E’ straordinario”.

Cosa spera che possa portare una così lunga convivenza con il suo parrocchiano così speciale?
“A proposito di parrocchiano lui quando mi incontra mi dice ‘ecco il mio caro parroco’ e racconto sempre questo aneddoto. Una volta scherzando gli ho fatto presente che lui è un parrocchiano un po’ assente perché non lo vedevo in chiesa tutte le domeniche”.

Come giudica l’atto del Pontefice?
“Il suo è stato un atto di fede e di amore. Non è stata una fuga ma un atto di governo”.
In questo periodo Macerata ha assistito a un altro momento importante per la Chiesa: la nomina del vescovo Giuliodori ad assistente ecclesiastico generale presso l’Università Cattolica del Sacro

Cuore, cosa gli augura?
“Anche questa cosa non era mai accaduta prima. Finora tale nomina era stata data a monsignori e non a vescovi. Io auguro a Giuliodori di poter volare alto e di poter far dare un colpo d’ala a questa università per guidarla verso il giusto senso della missione della Cattolica”.

Paola Olmi