Macerata, 9 febbraio 2014 - «L’UNICA COSA che mi preme dire è che in questa vicenda non c’è stato nessun accanimento, è sbagliato parlare di bambina contesa». La famiglia affidataria del Maceratese, che in questi due anni ha cresciuto la figlia di una ex suora, non ha mai voluto rilasciare dichiarazioni o commentare una storia che tocca corde così profonde. E ancora oggi, per difendere la piccola e il suo futuro, non vogliono parlare della vicenda, dei loro sentimenti, di quello che hanno vissuto e provato in questi anni. La sentenza della Corte di cassazione, che ha restituito la bimba alla mamma naturale, li ha sconvolti.

«Però quello che davvero bisogna chiarire, è che qui ha fatto tutto la procura per il tribunale per i minori di Ancona — si limita a dire il padre affidatario —. Noi non potevamo fare nulla, è una questione solo giuridica. L’unica volta che siamo intervenuti è perché siamo stati chiamati a relazionare sulle condizioni della bambina, per una testimonianza nel procedimento che il tribunale deve obbligatoriamente chiedere. La piccola ci è stata data a gennaio del 2012, a 20 giorni dalla nascita, e a giugno la procura ha fatto il ricorso contro la sospensione della procedura di adottabilità. Ma noi, di tutto questo, non sapevamo nulla, solo in seguito ne siamo venuti a conoscenza. Noi tecnicamente non siamo parte di questo procedimento. Perciò, sentir parlare di bambina contesa dà fastidio, a noi come a tutte le famiglie affidatarie: noi non l’abbiamo contesa alla madre naturale, l’abbiamo avuta in affido quando era appena nata e l’abbiamo cresciuta fino ad oggi, in attesa delle decisioni della magistratura».