Macerata, 11 aprile 2014 - "C’eravamo tanto taggati". Si potrebbe parafrasare così oggi il titolo del celebre film di Ettore Scola, nell’era in cui tutte le fasi di una relazione, dall’innamoramento al lancio di stracci, passa per il social network Facebook. Lo rivela il numero di denunce, sempre più elevato, fatte alla polizia postale da parte di ex coniugi traditi, o infamati, in network-visione.

Capita sempre più spesso che, alla fine di un matrimonio o di una relazione, Facebook diventi il campo di battaglia. Le segnalazioni arrivano da tutta la provincia, senza distinzioni di sesso, età, area geogrfica. "In alcuni casi — spiega la polizia postale — chi viene lasciato si crea un nome falso, e con quello copre di insulti l’ex partner, offendendolo in ogni modo. Altre volte, il social network è usato per cercare di scoprire tradimenti e bugie dell’ex, controllando le foto postate, le amicizie, i contatti. Infine, c’è stato anche qualcuno che non ha esitato a pubblicare le foto dell’ex in atteggiamenti intimi, fatte quando i due stavano ancora insieme, allo scopo di screditarlo. Sono cose molto spiacevoli, quando vengono fatte come ritorsione, ma lo sono ancora di più quando ci finiscono di mezzo i figli: spesso infatti gli insulti o le foto hard su internet hanno lo scopo di dimostrare che l’ex compagno è inaffidabile, e ottenere così l’affidamento dei bambini in tribunale".

Di denunce di questo genere ne vengono presentate sempre di più. Per incastrare il colpevole di queste diffamazioni, si usano strumenti di accertamento indirizzo: la società americana che gestisce Facebook rivela alla polizia i nomi degli utenti solo nel caso di reati molto gravi, e queste acredini tra moglie e marito non ci rientrano. Ma il social network offre molti strumenti indiretti per risalire all’identità di chi lo usa. E così alla fine il colpevole viene individuato.

Sempre sul fronte della diffamazione, sono molto in aumento anche le denunce presentate da esponenti politici locali, che sui quotidiani on line o su vari siti, oltre che su Facebook, si trovano oggetto di critiche più o meno colorite. In questi casi però spesso le denunce si scontrano con il diritto alla critica politica: anche se l’autore dell’offesa si trova, non lo si può condannare perché il commento anche aspro fa parte del dibattito e del confronto politico.

Paola Pagnanelli