Macerata, 14 aprile 2014 - "La manifestazione (foto) organizzata è partita, guarda caso, davanti alla casa della coppia collocataria. Se la bambina non fosse rimasta con la madre dalla precedente visita di martedì la si esponeva al prelievo davanti al pullman dei manifestanti". L’avvocato Giardini, il legale che rappresenta la ex suora congolese alla quale è stata affidata definitivamente la figlia di due anni temporaneamente cresciuta nei primi due anni di vita da una famiglia del Maceratese, spiega così la decisione del Tribunale dei minori.

Infatti dal programma di riavvicinamento della piccola alla madre naturale, stabilito dagli psicologi, sabato mattina l’ex suora sarebbe dovuta andare a prendere la figlia per tenerla il weekend. Per evitare l’incrocio con i manifestanti che hanno poi raggiunto Ancona per raggiungere in corteo il Tribunale dei minori, i giudici hanno deciso di lasciare, almeno per un po’, la bimba con la madre. L’avvocato sottolinea che "la bimba è stata giudicata non adottabile" e quindi la famiglia "non è affidataria ma allocataria", ovvero ospita la piccola in attesa che si concluda l’iter di riavvicinamento alla madre.

DUNQUE, per ora, la piccola è con la madre in una casa protetta nel Fanese. Inavvicinabili. Non ancora la parola fine a questa lunga vicenda umana prima ancora che giudiziaria. "Non sappiamo ancora fino a quando — spiega l’avvocato — dipende dal Tribunale dei Minori. Lei e la bambina stanno molto bene. Finalmente riavvicinata alla madre vera, la bambina è molto serena contrariamente a quello che paventano persone che forse hanno interessi diversi. Procede tutto nel modo previsto, il migliore: la bambina tornerà il prima possibile, definitivamente, con la vera mamma".

Solo allora mamma e figlia potranno costruirsi una vita normale, gettandosi alle spalle il dramma di una vicenda giudiziaria che vede due donne lottare per l’affido di una figlia. "Quando i bimbi adottati crescono — sottolinea Giardini — e pensano alla madre biologica, deducono che ‘se non mi ha voluto, vuol dire che non valgo niente... e allora per chi altro posso valere?’. Ecco. La domanda che mi pongo dall’inizio del procedimento è: con che coraggio questa coppia avrebbe potuto dire in futuro alla figlia ‘sai tua madre ti voleva fortemente, ha fatto di tutto per averti, però noi ci siamo riusciti a non farti tornare con lei’?".

Tanto più che c’è anche la questione razziale. Ed è proprio sull’identità e l’appartenenza che vibra la nota più commovente di questa storia. "Nel febbraio 2013 il Tribunale dei minori ha dichiarato la non adottabilità della bambina e sono iniziati gli incontri — conclude Giardini — il riconoscimento è avvenuto a prima vista e ha colpito tutti: la bambina ha guardato la sua mano, poi quella della madre e ha capito che erano uguali. Poi l’ha guardata fisso negli occhi". Dopo un anno la piccolina, quella donna del suo stesso colore, "la chiama mamma".

re. ma.