Macerata, "botte e insulti, così i bulli mi hanno perseguitato"

La testimonianza di una 17enne: incubo iniziato quando era all’asilo

Macerata, "botte e insulti, così i bulli mi hanno perseguitato"

Macerata, "botte e insulti, così i bulli mi hanno perseguitato"

Macerata, 23 marzo 2017 - «Non puoi giocare con noi. Sei grassa». Comincia all’asilo, l’incubo, ed è soltanto l’inizio di una vita di insulti e umiliazioni. Vittima di bullismo fin da piccola, perché in sovrappeso, ora ha quasi 18 anni, è dimagrita e ha coronato il suo sogno: frequentare la scuola superiore dell’Areonautica militare.

A quando risalgono i primi ricordi di prese in giro per il suo peso? «Avevo tre anni, a scuola i compagni non mi facevano giocare con loro. Ricordo perfettamente i primi insulti, mi dicevano che non era in grado di stare con loro. Lo stesso alle elementari. Non potevo partecipare ai gruppi, i «club» di amichette. Posso dire che la prima, immediata conseguenza del bullismo è la solitudine, che deriva dall’esclusione dalle attività quotidiane e spontanee dei compagni».

Alle medie è peggiorata? «Sì. Intorno a me, le ragazzine uscivano con i primi fidanzati, chiacchieravano e mi tenevano in disparte. Io soffrivo. Pesavo 75 chili. A ricreazione, mi nascondevo in bagno per consumare la merenda. Le poche volte che restavo in corridoio mi sentivo dire: “Sei una cicciona, e ci mangi pure sopra?’’. Oppure appena entravo in classe urlavano: “Stai attenta che non ci passi tu, dalla porta’’ Fuori da scuola non andava meglio. Spesso è capitato che i ragazzini non mi facevano salire sull’autobus, dicevano che occupavo troppo spazio».

Non è riuscita a legare con nessuno? «L’unica che mi stava accanto era una ragazzina, magra e bella, la sola che non provava vergogna a farsi vedere insieme a me. A lei sarò grata sempre, così come ai miei genitori, che mi sono stati vicini. Non avevo mai pensato di dimagrire, io stavo bene con me stessa. Erano gli altri che non riuscivano ad accettarmi. Mi sputavano addosso, mi attaccavano le gomme da masticare. Un periodo mi inseguivano fino a casa, mi correvano dietro insultandomi. Mio padre fu costretto a venirmi a prendere a ogni uscita da scuola. Un giorno, in seconda media, ero ai giardini Diaz e un gruppo di ragazzi ha iniziato a dirmi che ero obesa. È stata l’unica volta che ho reagito: “Io posso cambiare, voi imbecilli ci rimarrete sempre’’. Mi hanno accerchiata, buttata a terra, picchiata. Da quel giorno ho deciso di dimagrire. Ho perso 35 chili, mangiavo solo acqua e frutta».

Perché non ha denunciato questi fatti? «Mi vergognavo della mia debolezza».

Quanto influivano gli episodi continui di bullismo sul suo rendimento scolastico? «Non potrei affermare con certezza che c’è un collegamento, ma fino alla quarta elementare non sapevo leggere né scrivere. Tuttora sono dislessica. Da piccola, c’era quella sensazione costante di rimanere indietro in tutto: scuola, amicizie, amore».

Cosa direbbe a chi, oggi, si trova nella situazione che lei si è lasciata alle spalle? «Non tacere e agisci, ma non da solo. Fatti aiutare, da genitori, insegnanti o chiunque di cui ti fidi. Se resti in silenzio, prima o poi esplodi. E, se proprio vuoi cambiare, fallo per te stesso e non per piacere agli altri».