Hotel Rigopiano, l’angoscia delle famiglie dei dispersi

Il padre di Bonifazi: turbina in ritardo, li hanno lasciati in trappola

Emanuele Bonifazi, disperso all'Hotel Rigopiano

Emanuele Bonifazi, disperso all'Hotel Rigopiano

Macerata, 23 gennaio 2017 - «Male. Stiamo male». In piedi, appoggiato al muro, sul viso porta tutti i segni di questi giorni di attesa interminabile. Un’attesa lunga quattro giorni, senza avere notizie del figlio, tra i 23 dispersi dell’hotel Rigopiano, spazzato via mercoledì pomeriggio da una valanga. Egidio Bonifazi, il padre di Emanuele, 31 anni, di Pioraco, non smette di sperare.

Non vuole smettere di sperare. «Io spero». Non può fare altro, così come gli altri parenti dei dispersi: all’ospedale di Pescara, protetti da polizia, Protezione civile e psicologi, si abbracciano, si confortano l’un l’altro. Piangono. L’ultimo contatto con Emanuele, loro, i genitori, l’hanno avuto intorno alle 16 di quel giorno terribile in cui è tornato il terremoto, con quattro forti scosse, che forse sono state la causa della slavina delle 17.30 che ha travolto l’albergo alle pendici del Gran Sasso.

«Abbiamo parlato con Emanuele nel pomeriggio – racconta il padre – ci siamo detti le solite cose che si dicono in quelle circostanze. C’era stato il terremoto, era preoccupato. E lo eravamo anche noi». La sua amica più stretta, di Pioraco, anche lei in questi giorni all’ospedale di Pescara per stare accanto ai familiari, ricorda: «Intorno alle 16 di mercoledì, ho parlato a Emanuele con una videochiamata. Mi diceva ‘Vedi, quanta neve c’è intorno’. Erano sommersi. Gli ho consigliato di spostarsi, di andare nella casetta di legno che stava vicino all’albergo, così almeno non avrebbe avvertito altre, eventuali scosse di terremoto. Sarebbe stato al sicuro. È l’ultima volta che ho parlato con lui».

Intorno alle 20 di quel mercoledì, la sua amica prova a ricontattarlo. «Tutto a posto?», gli scrive su WhatsApp. Ma lui non visualizza, sul display resta una sola spunta. «Era strano, lì il segnale wi-fi è molto forte». Accende la televisione, quella sera, e vede scorrere i titoli su Rigopiano. Avverte Enrico, il fratello minore di Emanuele. Che con delicatezza avverte i suoi genitori che là, a Farindola, sta succedendo qualcosa di grave: Egidio e sua moglie, Paola, sono rilassati, in poltrona. È un attimo. Capiscono dalle prime notizie che arrivano che tale situazione è molto grave.

«Il tempo di mettersi i vestiti addosso – racconta Egidio – e siamo partiti, io, mia moglie, Enrico e un’altra nostra parente». Da quel momento comincia l’odissea di questa famiglia. «Siamo andati in auto nel punto accessibile più vicino all’hotel, a Farindola. Lì all’incrocio, bloccati dai vigili del fuoco, per lungo tempo non ci siamo mossi. Fermi, in mezzo alla strada, sperando ci facessero passare, cercando di capire cosa succedeva. Poi, visto che la situazione non si sbloccava, ci siamo divisi, io e mia moglie all’ospedale di Penne, Enrico a Pescara». Una notte in bianco, e in piedi, senza sapere nulla. Da quando è stato chiaro che le persone recuperate, vive o morte, venivano portate a Pescara, si sono poi spostati tutti lì. E da giovedì vivono nel limbo, in attesa di una notizia qualsiasi.

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«Qui sono tutti arrabbiati – spiega Bonifazi –. Quella turbina doveva partire subito, mercoledì, non appena dall’albergo hanno dato l’allarme. E invece non è successo. Li hanno lasciati in trappola. È come se in casa scoppia un incendio e da fuori non aprono la porta. E si resta dentro, prigionieri. Questo è accaduto».

Emanuele, come tutti gli altri dentro l’hotel, era pronto per andarsene. Se solo avessero potuto. C’era troppa neve. Nei giorni successivi, «lo Stato ha fatto tutto, sono lì con dei mezzi, anche speciali, fanno il possibile per salvare chi è ancora sotto», sottolinea. Passa un uomo, lo abbraccia forte e scoppia a piangere. Quello di oggi, Bonifazi lo chiama «il giorno della lotteria, avremo più notizie. I soccorritori hanno raggiunto quasi tutte le stanze. Forse lo troveranno. Vivo o morto, ma noi non smettiamo comunque di sperare». Come Emanuele Bonifazi, tra i dispersi c’è ancora anche Marco Tanda, 26 anni, residente a Roma ma originario di Castelraimondo, pilota Ryanair in vacanza all’hotel Rigopiano con la fidanzata Jessica Tinari, 24enne di Lanciano, pure lei dispersa.