Omicidio di Pamela Mastropietro, pugnalata quando era viva

I primi esiti delle perizie: "Coltellate al fegato". Il quarto indagato collabora

Pamela Mastropietro

Pamela Mastropietro

Macerata, 13 febbraio 2018 - Pamela Mastropietro era viva quando è stata aggredita con due coltellate al fegato e un colpo alla testa. È quanto rivelano le prime conclusioni della perizia medico-legale disposta dalla procura sui resti della 18enne romana il cui corpo fatto a pezzi è stato trovato il 31 gennaio a Casette Verdini. Le prime analisi (condotte dal tossicologo Rino Froldi, dai medici legali Mariano Cingolani, Dora Mirtella e Roberto Scendoni con il dottor Domenico Mazza, tutti del dipartimento di medicina legale dell’Università di Macerata) non hanno chiarito se le ferite all’addome siano state fatali. Sicuramente non è stato letale il colpo alla testa, ma il fatto che le coltellate siano arrivate quando la ragazza era viva accreditano la tesi secondo la quale la 18enne romana non sia morta per overdose, ma sia stata uccisa. Le analisi sui tessuti sono ancora in corso e solo quando saranno finite si potrà capire se la morte è dovuta alle due coltellate. I medici legali confermano inoltre che la ragazza ha il segno di un’iniezione al braccio, come già evidenziato dopo la prima autopsia (FOTO). La circostanza è compatibile con il fatto che, la mattina di martedì 30 gennaio, la 18enne romana è andata in farmacia in via Spalato.

Le indagini intanto proseguono a tappe forzate. Elementi interessanti stanno arrivando dagli interrogatori del quarto indagato, Anthony Anyanwu, che starebbe collaborando con gli inquirenti, facendo luce sulle telefonate tra i tre fermati nel giorno della morte di Pamela. Ieri i Ris hanno riesaminato la Opel usata per portare i trolley a Pollenza, dove poi sono stati abbandonati in un fosso. Si cercano tracce ematiche che potrebbero essere filtrate dai trolley, ma anche impronte o altri elementi che portino a individuare chi era a bordo dell’auto e se qualcuno possa aver aiutato Oseghale a disfarsi delle valigie. La procura ha poi incaricato l’esperto Luca Russo di estrarre ogni informazione utile dal telefono di Awelima Lucky, uno dei tre fermati. Il 27enne nega tutto. Sentito in carcere dal suo difensore, l’avvocato Giuseppe Lupi, ha assicurato di non aver mai messo piede nella mansarda di Oseghale: ha detto di conoscere il connazionale, ma di non essere mai andato a casa sua e di non sapere neppure dove abitasse.

Quanto al fatto che il suo telefono sia rimasto dalla tarda mattinata fino a sera in zona, lo spiega dicendo di essere stato non lontano dalla casa dell’orrore, con altre persone, e di essere poi rientrato all’hotel Recina di Montecassiano. Ieri in carcere a Montacuto sono state prese le impronte di mani e piedi dei tre fermati, per vedere se corrispondono a quelle trovate con il luminol nella mansarda di Oseghale. Infine, si terrà questa mattina l’udienza di convalida (prevista in un primo momento per ieri) dei fermi di Lucky Desmond e Awelima Lucky, indagati con Innocent Oseghale per l’omicidio di Pamela. I due nigeriani, difesi dagli avvocati Gianfranco Borgani e Giuseppe Lupi, compariranno davanti al giudice Giovanni Manzoni. Dopo la sparatoria in strada di Luca Traini avvenuta proprio la mattina della convalida del fermo di Oseghale, c’è la massima allerta intorno a questa udienza, nel timore che si possano scatenare reazioni funeste. 

 

Il procuratore: le indagini non sono concluse

L'antropologo: i riti voodoo non c'entrano

 

ARRE_28805181_154052
ARRE_28805181_154052