Omicidio di Pamela Mastropietro, "Doveva partire per Roma"

La bigliettaia: ha perso il treno per un soffio. E spunta anche un altro testimone

Pamela Mastropietro

Pamela Mastropietro

Macerata, 16 febbraio 2018 - Pamela Mastropietro ha chiesto un passaggio a un tassista alla stazione, poco prima di morire. Lui – il tassista – se la ricorda come una ragazza semplice, poco truccata, mentre quel martedì fa avanti e indietro dalla sala di attesa ai binari, più e più volte, a pensare a un passaggio per i giardini che non si decide a prendere, perché dice di avere pochi soldi. È la mattina del 30 gennaio. Poco dopo sarà un altro tassista a portare Pamela Mastropietro, 18enne di Roma scappata il giorno prima dalla comunità Pars di Corridonia, ai giardini Diaz, dove la ragazza incontrerà il nigeriano  Innocent Oseghale, ora in carcere con Desmond Lucky, Aewlima Lucky. La telefonata di Oseghale: "La ragazza sta male"

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Pamela seguirà Oseghale fino alla casa di lui, in via Spalato: l’appartamento dell’orrore, dove – sempre secondo le indagini – poco dopo viene fatta a pezzi, per poi essere lasciata in due valigie abbandonate a Casette Verdini, in un fosso sul ciglio della strada. Il destino di Pamela si gioca tutto in pochi attimi. Stando a un’altra testimonianza, quella della bigliettaia della stazione, Pamela voleva tornare a casa sua, a Roma, ma avrebbe perso il treno regionale per un soffio. «Mi ricordo benissimo della ragazza con quel trolley che faceva rumore – ha raccontato la donna alla trasmissione televisiva ‘Chi l’ha visto?’ –. Dovevano essere appena passate le 7.34, perché il treno per Roma era partito da poco. Mi chiese quando era il prossimo e le risposi che doveva attendere le 13, poi andò via. È tornata una seconda volta una decina di minuti dopo, chiedendomi se c’era qualche altra coincidenza da prendere per potere partire prima e raggiungere ugualmente Roma, ma le dissi di no. Ha fatto avanti e indietro per la stazione per un po’ e poi io non la ho più vista».

 

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«Me la ricordo bene, con sé aveva quel trolley – racconta il tassista –, non so dire esattamente che ora fosse, sarà stata la metà della mattinata. Ero all’esterno della stazione quando la ragazza si è avvicinata e ha detto che doveva andare tra i giardini e il terminal delle corriere. Le sarebbe costato sette, otto euro al massimo. Lei, sentito il prezzo, mi ha risposto che aveva pochi soldi. Le ho fatto presente che ero lì per lavorare, non per perdere tempo, e se voleva ero a disposizione. Lei ha fatto avanti indietro tra la sala d’attesa e i binari, più volte, poi è tornata a chiedermi come poteva arrivare ai giardini. Le ho spiegato quale percorso poteva fare a piedi, le ho anche detto che non era molto distante. Lei però ha continuato ad aggirarsi per la stazione. Dopo qualche minuto, mi si è presentato un cliente e sono partito. Quando più tardi sono rientrato in stazione, lei non c’era più».

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Alla fine Pamela si è fatta portare ai giardini da un altro tassista. Com’era in quell’ultima mattina della sua vita? «La ricordo educata – sottolinea il tassista – con un giubbetto grigio, mi sembra, un filo di trucco. Non dava l’idea di una ragazza che avesse passato la notte fuori, anzi. Era piuttosto curata, carina e gentile». Resta ancora un mistero dove abbia trascorso la notte tra il 29 e il 30 gennaio. Il bar della stazione, poi, è stato chiuso dal primo gennaio fino a lunedì, quindi anche le varie telecamere del locale erano disattivate.