Cadavere nelle valigie, per il pm il nigeriano ha ucciso Pamela

Macerata, libero dopo l’arresto per droga e col permesso scaduto. A casa sua i vestiti della vittima. Le accuse per lui sono omicidio volontario, occultamento e vilipendio di cadavere

Innocent Oseghale, il nigeriano arrestato per l'omicidio

Innocent Oseghale, il nigeriano arrestato per l'omicidio

Macerata, 2 febbraio 2018 - Dalla scorsa primavera, poco dopo l’arresto per aver spacciato hashish a un minorenne, non aveva più il permesso di soggiorno Innocent Oseghale, il 29enne nigeriano fermato per il macabro omicidio della diciottenne romana Pamela Mastropietro. Oseghale, arrivato in città nel 2014, era stato arrestato un anno fa dalla polizia, che dopo averlo visto spacciare a un ragazzino aveva perquisito la sua casa, trovando una ventina di grammi di marijuana. Per quel fatto, era stato rimesso in libertà e poi condannato; ma contro la sentenza aveva fatto appello e il procedimento è ancora in corso. In primavera intanto era scaduto il suo permesso di soggiorno. Il nigeriano era rimasto qui, vivendo di lavori saltuari e di spaccio di stupefacenti, «solo droghe leggere» ha tenuto a precisare ai carabinieri. 

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Ora sulla sua testa pendono le accuse di omicidio volontario, occultamento e vilipendio di cadavere, dopo le velocissime indagini condotte dai carabinieri di Macerata diretti dal colonnello Michele Roberti. Due testimonianze sono state cruciali. Mercoledì mattina, dopo il ritrovamento dei trolley con i resti della diciottenne, una ragazza ha detto di averla vista martedì mattina, mentre camminava con il suo trolley rosso e blu in via Spalato. Con lei c’era un ragazzo di colore. A quel punto sono state prese le immagini delle telecamere di una farmacia e di altre attività lungo quella strada, e così si è visto chi era con lei. Mentre i carabinieri si appostavano in via Spalato, in attesa del nigeriano, in questura si è presentato un camerunense che lavora dando passaggi in auto. L’uomo, che poi ha ripetuto le sue parole ai carabinieri, ha spiegato di essere stato chiamato intorno alle 22.30 dal nigeriano, salito a bordo con due trolley, uno rosso e blu e l’altro grigio; si era fatto portare a Casette Verdini di Pollenza, aveva chiesto di fermarsi per lasciare le valigie e infine erano tornati in città. 

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Il tassista all’inizio non si era insospettito, ma quando ha sentito la notizia del ritrovamento del corpo ha capito. Nell’appartamento di via Spalato, dove Oseghale abitava da solo, sono state trovate alcune tracce di sangue, in particolare sul balcone, lo scontrino emesso dalla farmacia quella mattina per l’acquisto di una siringa e, in una busta nell’armadio, gli abiti indossati da Pamela al momento della scomparsa. Le indagini ono ancora in corso. Dopo l’autopsia, eseguita mercoledì sera, ci vorrà qualche giorno per chiarire di cosa sia morta Pamela: il suo corpo mutilato non ha permesso di capire subito cosa le sia stato fatale.

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Non sono stati trovati segni di violenza ma su questo, come sull’eventuale assunzione di sostanze, bisognerà attendere i risultati degli esami. Altri esami saranno condotti dal Ris, che hanno effettuato anche ieri un lungo sopralluogo nell’appartamento dove si pensa che la ragazza sia stata fatta a pezzi. E sono in corso poi altri interrogatori per chiarire i punti ancora oscuri: come ha fatto Pamela ad arrivare in città da Corridonia, che dista una decina di chilometri dal capoluogo? Dove ha passato la notte di lunedì? Cosa è successo in quell’appartamento, cosa ha trasformato la fuga dalla comunità in un film dell’orrore?

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