Terremoto, 30 ottobre un anno dopo: da 365 giorni in alberghi e camping

Gli sfollati sistemati sulla costa, c’è chi è costretto a spostarsi ancora

Uno sfollato per il terremoto

Uno sfollato per il terremoto

Macerata, 28 ottobre 2017 - Costretti da un anno al mare, lontani dalle amatissime montagne e dai luoghi dov’era concentrata tutta la loro vita, molti attendono le casette di legno. E nell’attesa, qualcuno deve sottoporsi anche a un nuovo trasloco. Conoscono a memoria ogni angolo, ogni spazio dell’albergo i 150 sfollati che alloggiano all’Holiday, a Porto Sant’Elpidio: oggi sono 12 mesi esatti di permanenza in una struttura ricettiva, da quando il 26 ottobre dello scorso anno la terra tremò due volte con una scossa di 5.4 (alle 19.10) e poi di 5.9 (alle 21.18), a pochi chilometri da Castelsantangelo sul Nera. Gli sfollati sulla costa, da Visso, Ussita, Pieve Torina, Pievebovigliana non sanno ancora quando potranno tornare a casa.

Sulle finestre degli alloggi sull’ingresso, qualcuno ha attaccato adesivi di Halloween, segno che le ricorrenze si rispetteranno. Nell’aria una musica simile al saltarello, proveniente da una camera, «per rallegrare un po’ l’ambiente», spiega una donna appoggiata alla ringhiera. Sotto, nella hall, i bambini giocano insieme: non si va a scuola, è il giorno del Patrono a Porto Sant’Elpidio: cambiano i luoghi, e con essi le festività, cambiano i ritmi e le certezze di sempre. «Al mare non c’ero mai stato, prima – racconta Vincenzo Ferranti, 85 anni, di Pievebovigliana, originario di Fiastra –. Aspetto la casetta, ma non so quando me la daranno. Facevo l’agricoltore. Ne abbiamo passate troppe, dall’anno scorso.

Due mesi fa, poi, ho visto morire mio fratello, di sei anni più giovane, nel nostro alloggio. Non mi è rimasto più nessuno, figli non ne ho. Per fortuna c’è una famiglia conosciuta qui che mi dà una mano. Posso muovermi solo con il bastone e da solo, non riesco nemmeno ad arrivare in spiaggia. Vorrei tornare a casa, a Pievebovigliana». Saturnino Quinzi, 57 anni, vive all’Holiday con la moglie e due figli, uno di due e uno di 11 anni, e si prepara a un nuovo trasloco: «Ci spostiamo alle Mimose – spiega Quinzi –, sto facendo le valige, pare che qui l’accoglienza terminerà a breve. Non ce la facciamo più ad andare avanti così. Siamo pochissimi, noi sfollati di Porto Sant’Elpidio, 12 case in tutto. Il problema è che non c’è lavoro, era difficile trovarlo anche prima del sisma. Facevo l’allenatore di calcio in Eccellenza, della Folgore Veregra. Il paradosso è che, grazie al terremoto, almeno da un anno posso dare da mangiare alla mia famiglia».

«Aspettiamo la casetta, ce ne hanno assegnata una del blocco di 20 Sae del campo sportivo a Visso – spiega Raffaella Sorana, che con la famiglia portava avanti il ristorante Km Zero –, dicono che devono finire la parte esterna, ma non si sa di preciso quando potremo andarci a vivere. Intanto qui all’Holiday ci siamo abituati, alla fine ci si abitua a tutto. Anche il nostro gatto, Middia, sa quali strade deve percorrere quando se ne va in giro. Ma non è semplice la convivenza. E per di più la nostra famiglia si è dispersa. Mio marito e mio figlio vivono in paese, in roulotte, per esigenze lavorative. Io invece ho continuato a fare le pulizie, però sulla costa. Con me ora c’è mia figlia, Giovanna». «Dal 24 agosto 2016 per un mese ho vissuto in una tenda piazzata davanti al nostro ristorante, con i miei genitori e mio fratello – precisa Giovanna Conversano, 27 anni, iscritta ad Architettura ad Ascoli –, poi sono partita per l’Erasmus. Finché non sono tornata dalla Germania, a luglio, mamma qui è rimasta sola. Al ristorante Km Zero abbiamo iniziato i lavori, speriamo di riaprire presto». Chi non lavora come trascorre il tempo? «Così – mostra Alimia Saligi, 49 anni, un marito e tre figli, di Pieve Torina, affacciata sulla hall –. Non faccio nulla. Abbiamo chiesto una casetta. Ma a quanto pare non è ancora pronta».