Dopo terremoto, l’estate rovente di Pieve Torina. “Nel container ci sono 50 gradi” / FOTO

Un centinaio gli sfollati rimasti in paese: disagi e speranze

L’estate rovente nei container post terremoto

L’estate rovente nei container post terremoto

Macerata, 15 giugno 2017 - «Quest’inverno abbiamo dormito con la bacinella sul letto perché ci pioveva dentro, adesso è un caldo infernale e non c’è riparo». Nulla viene risparmiato a chi ha perso la casa dopo il terremoto. A Pieve Torina si corre per far arrivare le casette prima possibile, ma intanto la quotidianità è dura, e qualcuno comincia a pensare che andare avanti così, lì, non sia più possibile. Tra chi fin dall’inizio non ha voluto mollare c’è il titolare del panificio Fronzi, Daniele Pascoli. Ma a che prezzo? «Salato: 23mila euro per i container per mettere la mia famiglia, ad esempio, e una bolletta dell’energia elettrica da 3.500 euro. Sul tetto del container c’era un metro e mezzo di neve, appena spegnevamo il riscaldamento diventava una ghiacciaia, e abbiamo tenuto sempre acceso».

«E adesso invece è caldissimo – aggiunge la moglie, Stefania Tarantini –. Abbiamo tre bambini, se fuori sono 34 gradi, lì dentro saranno 50. E noi comunque siamo stati fortunati a poter comprare i container». La ditta, che occupa 14 persone, ha avuto dei danni al forno, per questo ne stanno preparando uno nuovo all’ingresso del paese; l’inaugurazione sarà domenica 25. «Dopo il terremoto – prosegue Pascoli – ho perso 20mila euro di incasso al mese, per i punti vendita che avevo a Camerino, Muccia, Visso, Pievebovigliana, tutti market e negozi che sono stati chiusi. La situazione è pesante». La famiglia non ha chiesto la casetta, perché spera di poter tornare a casa propria visto che i danni non sono irrecuperabili. «Ci prepariamo a stare a lungo nel container, ma restiamo qui» affermano. «Laviamo i panni nel lavandino usato per i piatti – aggiunge la mamma di Stefania, Giuseppa Leone –, in inverno era gelido, ora è caldissimo. E’ stata una batosta, ma loro qui hanno il lavoro e non vogliono andarsene».

Qualcuno invece è esasperato, e sta pensando di lasciare il paese per sempre. «Ci hanno detto che entro il 21 agosto ci daranno le casette, se entro quella data non le avremo non avremo scelta: ci trasferiremo sulla costa». Moira Palmerini ed Ettore Torresi hanno la Gastronomia dei Sibillini, preparano panini e tramezzini per ospedali e altre strutture. Dopo il terremoto hanno smesso di lavorare, ora stanno cercando di ripartire, con grandissima fatica. «Abbiamo tre figli – spiegano –. Con la casa rovinata, abbiamo comprato una roulotte a mille euro, e ci è arrivata solo la carcassa, dentro era vuota. Poi abbiamo preso un camper a 5mila euro, e aveva il motore fuso. Comunque siamo lì, con 53 gradi. In più noi lavoriamo per lo più di notte, ma ora non sappiamo a chi lasciare i bambini». Per altro la famiglia è spezzata, perché i due figli maggiori dormono nel villaggio di container allestito dal Comune, e il più piccolo è in camper con i genitori. «Una situazione logorante – aggiungono –, che arriva dopo un inverno che ci ha sommersi di neve».

«Abbiamo passato due mesi sotto il tendone della protezione civile, in condizioni assurde. Poi ci hanno dato una casa allo Sporting Village, che era stato creato nel 1997, e anche se con la neve dovevamo fare la strada a piedi, perché è ripidissima, non ci lamentiamo – racconta Agnese Marchetti –. Per altro lavoro al salumificio, la mattina inizio presto: andare sulla costa non era possibile». «Con mio marito siamo arrivati il 27 maggio ai container – dice Adriana Paparelli –, non si sta male. Certo, qui vicino giocano a pallone fino a tardi, alle lavatrici c’è sempre la fila e ci lavano di tutto quindi alla fine lavo i vestiti nel lavandino, la convivenza con tutti è difficile. Speriamo arrivino presto le casette». «E purtroppo ancora non iniziano i lavori di chi ha avuto pochi danni – aggiunge Daniela Luzi –, anche dove sarebbe semplice».