Terremoto, Monica senza un tetto né lavoro: "Le colleghe mi portano da mangiare"

L’odissea della 45enne di Tolentino, dipendente della Tombolini

Monica Emiliozzi

Monica Emiliozzi

Macerata, 4 dicembre 2016 - Il terremoto non bastava. Sfollata dal 26 ottobre, vive in un camper con il marito e il figlio di 16 anni. E, dal 9 novembre, al lavoro è stata messa in stato di sospensione. Monica Emiliozzi, 45 anni, è tra i 150 dell’azienda Tombolini, di cui l’Inps ha presentato istanza di fallimento, che è stata accolta dal tribunale. Un incubo senza fine, tra le mille difficoltà quotidiane e un futuro che diventa sempre più incerto. «Sto tutto il giorno a letto, piango dalla mattina alla sera – racconta Emiliozzi –, non c’è altro da fare. Si sta sotto le coperte perché altrimenti è troppo freddo, la stufetta non basta a riscaldare l’ambiente».

Hanno piazzato il camper, quattro posti, in zona lago Le Grazie. Qui hanno portato anche i tre gatti e il cane. «Mio marito è disoccupato da diverso tempo – prosegue –, non sappiamo più come tirare avanti. Non abbiamo ricevuto l’ultimo stipendio, a novembre. Siamo rimasti senza niente. Non ci manca da mangiare, grazie alle amiche e colleghe della Tombolini. Fanno la spesa per noi, qualche volta cucinano pure e ci portano da mangiare al camper. Non chiedono nulla in cambio. Non so cosa avremmo fatto senza di loro. È chiaro, però, che non possiamo andare avanti così ancora per molto». La casa di Emiliozzi era stata lesionata dalle due scosse del 26, ma la mattina del 30 ottobre è andata in parte distrutta, sono caduti i canterti.

«Il Comune ci aveva offerto la possibilità di trasferirci a Loreto – spiega –, lì almeno avremmo avuto da mangiare e saremmo stati al caldo. Abbiamo rifiutato perché volevamo restare vicino al mio luogo di lavoro. Chi poteva immaginare che l’avrei perso, che all’improvviso ci saremmo trovati in questa situazione disperata? È assurdo. Fa male». Beffata due volte, dunque. E con lei la sua famiglia. «Mio figlio suonava la batteria – dice Emiliozzi –, che però è rimasta sotto le macerie. E lui ha dovuto smettere di prendere lezioni, non ce le possiamo più permettere. Non sappiamo neanche come pagare il biglietto dell’autobus per la scuola, frequenta l’alberghiero a Cingoli e ogni giorno deve fare avanti e indietro». Si pensa a prendere decisioni drastiche. «Tolentino è un paese finito, non c’è più nulla – sottolinea –, se non riavrò il mio posto alla Tombolini dovremo andarcene. Quel lavoro è ormai la nostra unica speranza di vita. Se l’attività non dovesse ripartire, prendiamo il camper e giriamo finché non troveremo un’occupazione, solo allora ci fermeremo. Siamo pronti a tutto. Non vedo tante altre alternative. Bisogna però sperare che, alla nostra età, ci sia ancora qualcuno disposto ad assumerci».