Omicidio Sarchiè, le carte dell’inchiesta: "Farina aveva pianificato tutto"

Minacce al concorrente prima dell’esecuzione: "Prima o poi la pagherai" FOTO Verso il carcere - Tutte le tappe del giallo - Gli arrestati

Giuseppe Farina, arrestato per l'omicidio Sarchiè (foto Calavita)

Giuseppe Farina, arrestato per l'omicidio Sarchiè (foto Calavita)

Macerata, 26 febbraio 2015 - Era un rancore nato anni fa quello che Giuseppe Farina nutriva nei confronti di Pietro Sarchiè, suo rivale nella vendita di pesce nell’Alto Maceratese. Quello che per il sambenedettese era stato un litigio senza importanza, per il quale non aveva neanche presentato la denuncia, era stato il primo segnale di un sentimento che avrebbe portato, il 18 giugno scorso, a un omicidio feroce (FOTO)

E’ quello che emerge dall’ordinanza di custodia cautelare (Gli arresti) e dal vastissimo materiale raccolto dai carabinieri, sotto la direzione del procuratore capo Giovanni Giorgio e dei sostituti Claudio Rastrelli e Stefania Ciccioli con una indagine che non ha l’arma del delitto, non ha testimoni chiave, ma ha tantissimi elementi che si legano e si confermano a vicenda, fino a dare un quadro ritenuto «esaustivo e convincente» dal giudice Domenico Potetti, che ha emesso le ordinanze cautelari per quattro dei cinque indagati.

Il primo litigio avviene nel 2012 a Pioraco: Giuseppe Farina se la prese con Sarchiè, secondo lui non autorizzato a vendere il pesce in quella piazza. Alla fine il siciliano avrebbe detto al concorrente: «Tanto prima o poi te la faccio pagare». Da quel giorno inizia a indagare sul sambenedettese. Più volte, parlando con un amico e collega di Sant’Elpidio, chiese informazioni sul rivale, accusato di un comportamento sleale. Il risentimento sarebbe degenerato: «Mi hanno rotto i c... – avrebbe detto all’elpidiense lo scorso giugno –, vado là, li prendo a mazzate e ci brucio il furgone». 

Il 4 giugno Farina avrebbe chiesto a Seminara di prestargli il capannone, e con il figlio avrebbe iniziato a battere le strade frequentate da Sarchié. Strade, rivela la perizia sui cellulari, dove non erano mai passati prima. Studiato il luogo più adatto, tra Seppio e Sellano, padre e figlio sarebbero entrati in azione. Dopo l’omicidio, avrebbero nascosto il corpo a Valle dei Grilli, e lì vicino anche i sedili insanguinati e il motore del Ford Transit della vittima. 

Per giorni va avanti la demolizione del furgone. Il 24, Farina va nell’ufficio sopra al capannone di Seminara e chiede di poter vedere alcune zone su Google Maps: piazza Boccati a Seppio, dove c’è casa sua, Sellano di Camerino e le strade lì intorno. Probabilmente temeva che il satellite avesse fotografato qualcosa. Il 27 giugno, dopo un primo interrogatorio dai carabinieri, va a San Severino e compra due schede con la fotocopia di un documento intestato a una persona all’estero: così crede di garantire a se stesso e al figlio telefoni sicuri contro le intercettazioni. 

Il 5 luglio, i carabinieri scoprono il cadavere di Sarchiè. All’alba del giorno dopo, Giuseppe e Salvatore Farina (FOTO) con la Y10 usata il 18 giugno partono improvvisamente per Catania. Il ragazzo poi rimane lì, invece pochi giorni dopo, l’8, Giuseppe torna nelle Marche in aereo sollecitato da Seminara che il 7 ha subìto una lunga perquisizione: nel suo capannone i carabinieri hanno trovato documenti ed effetti personali della vittima.

L’11 luglio Farina, dopo aver chiesto al figlio chi aveva comprato pesce da lui la mattina del 18, si mette in contatto con i clienti e chiede loro di testimoniare per lui, di dire ai carabinieri che, quella mattina, c’era anche lui in piazza. Ma i clienti non ci stanno: alla vendita quella mattina c’era solo Salvo. I cellulari confermano: mentre Salvatore era a Castelraimondo, il padre era nel capannone di Seminara, a tagliare e bruciare i pezzi del furgone.