Le nostre bandiere

"PRIMA di tutto i bambini stanno bene". I bambini sono quelli di nessuno e di qualcuno – pochi – come Rita. Sono i bambini di Mamma Africa che per molti di noi (inclusa la sottoscritta) finiscono per ridursi a quegli occhi scuri come la terra e ai ventri gonfi di fame che vediamo scorrere nell’intervallo pubblicitario tra un talk show e un programma di cucina. Dona un sms. Spariscono i bambini, ripartono le ricette. "Prima di tutto, i bambini stanno bene", scrive Rita. Prima di tutto, gli altri. Per leggere il diario della dottoressa uccisa in Kenya occorre coraggio. Inevitabile affacciarsi su ciò che si è. La storia di Rita, uccisa durante una rapina mentre tentava di difendere la madre, e, prima, quella della sua ‘sorella’ più giovane Valeria, la veneziana uccisa al Bataclan di Parigi dai terroristi dell’Isis, fanno male, rovesciano lo stomaco, spingono anche a parlare troppo in fretta. E fanno parlare tutti. Il che spesso è un guaio. Ma ci mettono anche di fronte al vero capitale umano del nostro Paese. Quello che non si conta, ma che vale. Rita, medico in tuta, la schiena piegata ad abbracciare i figli nati nell’Africa di guerre e fame.

VALERIA, la ragazza senza borsa, ricercatrice brillante all’Ined della Sorbona, impegnata nel sociale con Emergency e non solo. Sono loro le bandiere di un pezzo d’Italia che rincuora. E non è giusto dimenticare Giovanni Lo Porto, il cooperante ucciso da un drone armato americano in Pakistan. Il guaio sarebbe guardarli come eccezioni. Invece sono la prova che c’è un altro Paese che vive e cresce nel ventre dell’Italia sdraiata, bambocciona e, per un certo verso, arresa. Quello che forse né Valeria né Rita vorrebbero è essere considerate speciali. E invece è la cosa più facile da fare. Il rischio di raccontare la storia del medico volontario in Africa come quella di un eroe ci mette al sicuro. Gli eroi sono lontani, distanti, irraggiungibili. Forse allora è soltanto meglio dire grazie.