Pensioni sempre più povere: Macerata è sotto la media

Quelle di vecchiaia superano di poco i 600 euro

Pensionati in sede Inps (ANSA / CIRO FUSCO)

Pensionati in sede Inps (ANSA / CIRO FUSCO)

Macerata, 29 luglio 2014 - In provincia gli assegni di pensione erogati dall’Inps (che però non corrispondono al numero dei soggetti percettori, perché c’è chi incassa più di un assegno) sono più poveri della media nazionale. E quanto emerge da un’indagine del Sole 24 Ore che ha rielaborato i dati dell’Istituto di previdenza per disegnare la nuova mappa dopo la riforma Fornero, sottolineando che il trend, in generale, è quello di importi più bassi su tempi lavorativi più lunghi.

Complessivamente il numero delle pensioni erogate dall’Inps nella nostra provincia è pari al 18,3% rispetto alla popolazione residente, con un importo medio mensile di 891,7 euro, più basso di 168,3 euro rispetto alla media italiana. Entrando nel dettaglio, l’incidenza delle pensioni di vecchiaia (dopo la riforma Fornero sostituite dalla anticipata) è pari al 9,6% sul totale della popolazione residente, con un importo medio mensile di 615,8 euro (47 euro in meno della media italiana).

Le pensioni di anzianità, quelle strettamente correlate al servizio effettuato, rappresentano l’8,5% sul totale dei residenti, con un importo medio mensile di 1.195,9 euro (348 euro in meno della media italiana). Le pensioni di invalidità, infine, hanno un’incidenza del 4,4% rispetto al totale dei residenti, con un importo medio di 414,7 euro, quasi uguale alla media italiana ((417 euro). Dopo la riforma Fornero il numero delle uscite dal lavoro è decisamente diminuito. E ben se ne capisce il perché. La nuova pensione di vecchiaia ha sì confermato il requisito minimo dei 20 anni, ma ha elevato fortemente il requisito anagrafico.

Per le lavoratrici del settore privato, ad esempio, si è passati dai 60 anni del 2011 ai 62 del 2012, mente da quest’anno aumenterà di altri 18 mesi e di altri 19 nel 2016. La nuova pensione anticipata, che ha sostituito quella di anzianità, prevede un requisito contributivo minimo slegato da altri parametri, molto più elevato rispetto alla vecchia pensione di anzianità: nel 2014 è di 42 anni più sei mesi per gli uomini.

Le tabelle mostrano anche un profondo divario tra Nord e Sud: le pensioni riflettono anche le maggiori o minori possibilità di lavoro e, in particolare, l’entrata nel mercato del lavoro, visto che ormai l’assegno viene rapportata ai contributi effettivamente versati. Se a ciò si aggiunge che negli ultimi anni, anche nella nostra provincia, la stragrande maggioranza delle assunzioni sono state fatte con contratti a tempo determinato, ben si capisce come sia sempre più difficile versare contributi per una assegno decente. In sostanza, bisogna lavorare di più per avere una pensione che di certo sarà più bassa rispetto a quella dei tempi che furono, quando si lasciava il lavoro dopo neanche vent’anni effettivi di servizio, con il sistema retributivo, cioè percependo una pensione uguale all’ultima retribuzione avuta.