Pompiere morto dopo il rogo, scagionato il caposquadra

Incendio alla Gfl, Fabio Corona coordinò l’intervento. L'eplosione fece cadere Roberto Torregiani

I vigili del fuoco alla Gfl (foto archivio Calavita)

I vigili del fuoco alla Gfl (foto archivio Calavita)

Macerata, 26 maggio 2016 - Il tribunale ha archiviato le accuse contro Fabio Corona, il caposquadra dei vigili del fuoco, che il 18 giugno 2014 coordinò le operazioni di spegnimento dell’incendio al mobilificio «Gfl» di Recanati, nel quale rimase gravemente ferito il pompiere Roberto Torregiani, deceduto poi lo scorso gennaio. Quella mattina, i vigili del fuoco di Macerata intervennero d’urgenza per spegnere il fuoco divampato in un silo pieno di segatura. Dopo due ore, quando ormai le fiamme sembravano domate, due vigili vennero fatti salire sulla piattaforma, per controllare dall’alto la situazione. Ma all’improvviso ci fu un’esplosione che buttò a terra i vigili che erano sulla piattaforma. Tra questi c’era Torregiani, che nel volo riportò lesioni gravissime che, dopo mesi in coma, lo hanno portato alla morte.

La Procura aprì subito un fascicolo, iscrivendo al registro degli indagati anche il caposquadra. La perizia dell’ingegnere Luca Marmo ha però scagionato Corona. Per questo la procura aveva chiesto subito l’archiviazione dell’accusa di omicidio colposo per lui. I familiari di Torregiani però, assistiti dall’avvocato Pietro Siciliano, avevano fatto opposizione. Ma martedì, dopo un’udienza nella quale le parti hanno discusso la vicenda, il giudice Enrico Pannaggi ha definitivamente archiviato le accuse per il vigile del fuoco.

«E’ la fine di un incubo – commentano i suoi difensori, gli avvocati Fabrizio Giustozzi e Olindo Dionisi –. Il giudice Pannaggi ha condiviso le motivazioni poste dal pm Rosanna Buccini sostenendo che tra la condotta del caposquadra e l’evento lesivo che si era verificato non c’era alcun nesso di causalità, aggiungendo anche che comunque il caposquadra aveva posto in essere tutte le azioni che andavano eseguite in quel caso, non ravvisando nel suo comportamento alcun profilo di colpa. Con i nostri consulenti, professor Alberto Andreani e ingegnere Carlo Gelsomini, esprimiamo soddisfazione per l’esito del procedimento in quanto riteniamo che sia stata fatta giustizia nei confronti del nostro assistito, che si è sempre proclamato non colpevole. Per lui è stata la fine di un incubo, perché oltre ad aver perso una persona cara e un validissimo collega si è trovato ingiustamente (ora si può dire) accusato della sua sfortunata sorte».