Omicidio Sarchiè, Seminara parla: "Nulla da nascondere"

Interrogato anche l’imprenditore edile indagato di Paola Pagnanelli FOTO Farina in tribunale

Castelraimondo (Macerata), il capannone dei Seminara sequestrato (Foto Calavita)

Castelraimondo (Macerata), il capannone dei Seminara sequestrato (Foto Calavita)

Macerata, 17 luglio 2014 - Santo Seminara è l’unico che parla dei quattro indagati per l’omicidio del sambenedettese Pietro Sarchiè, commesso il 18 giugno scorso. Ieri pomeriggio, accompagnato dall’avvocato Nicola Pandolfi, Seminara, imprenditore edile originario di Catania e residente da venti anni a Castelraimondo, si è presentato nella caserma dei carabinieri del suo paese e ha dato la sua versione dei fatti. «Io avevo già parlato — ha spiegato poi — fin dal primo giorno in cui i carabinieri sono venuti a controllare il mio capannone, nella zona industriale Lanciano. Ma ho chiesto di poter essere sentito ancora per precisare alcuni elementi, alcune date, per essere ancora più chiaro su questa vicenda. So che gli altri non hanno detto niente in procura, ma io non ho nulla da nascondere e quindi posso parlare, posso spiegare. Per questo ho detto tutto».

La sua versione è semplice. Per prima cosa, sulle tracce di sangue trovate nella sede della ditta, Seminara assicura che sono di un operaio, che si era ferito al lavoro; e su questo saranno fatti accertamenti dirimenti. Poi l’imprenditore dice di aver sempre prestato a diverse persone il suo capannone a Lanciano, poco usato dalla sua ditta; in tanti si sarebbero serviti di quello spazio per sistemare le macchine o fare altri piccoli lavori. Tra questi ci sarebbe anche Giuseppe Farina, catanese di origine come Seminara, suo ex dipendente, suo amico, residente a Sepppio di Pioraco e ora indagato per l’omicidio del commerciante di pesce sambenedettese.

Anche Farina a giugno gli avrebbe chiesto di usare quello spazio. Per altro, l’area dietro al capannone è accessibile a tutti perché il cancello non funziona, e dunque non si chiude. In quell’area sono stati trovati numerosi oggetti appartenuti senza dubbio alla vittima, «ma io non saprei dire chi ce li ha messi — ha detto Seminara —, perché noi ci stiamo poco e dagli uffici non si vede quella parte». 

Anche le precisazioni rese ieri pomeriggio sono state messe a verbale e confluiranno nel fascicolo, sempre più voluminoso, sull’omicidio. Fascicolo in cui a breve entreranno anche le consulenze di alcuni tecnici chiamati dalla procura per chiarire alcuni aspetti della vicenda. «Le indagini non sono suscettibili di conclusione immediata — ha detto ieri il procuratore capo Giovanni Giorgio —. Sono stati dati degli incarichi ad esperti in varie materie, che ci forniranno le risposte quanto prima, ma sono accertamenti complessi, che richiedono tempo. Comunque, la gatta frettolosa fa i figli cieci: dobbiamo lavorare con la dovuta ponderazione». 

L’inchiesta potrebbe riservare ancora diversi sviluppi. In primo luogo gli inquirenti ipotizzano che a uccidere il sambenedettese siano state due o più persone. Ci sono poi tanti tasselli ancora da sistemare, ad esempio sul movente, ancora misterioso, e sull’arma usata per il delitto, mai ritrovata. 

Paola Pagnanelli