{{IMG_SX}}Modena, 29 ottobre 2008 - «Domani il corso di laurea chiude! Cominciate a guardarvi intorno, perché le lezioni, a breve, saranno sospese». L’allarme tagli, in questi ultimi mesi, ha messo in allerta tanti studenti dell’Ateneo di Modena e Reggio Emilia. In molti si sono chiesti che cosa stesse succedendo al loro corso di laurea, e hanno cercato di capire quanto tempo mancasse al giorno in cui, recandosi a lezione, avrebbero trovato la porta chiusa da un lucchetto. «Ma non succederà — spiega il rettore Gian Carlo Pellacani — Chi ha cominciato un percorso di studi ha la certezza di poterlo portare a termine».

E i corsi di laurea da tagliare, di cui si è parlato in questi giorni, che fine hanno fatto? «Ci sono ancora, e rappresentano un problema — spiega Pellacani — Il senato accademico sta ragionando adesso sulle modifiche da fare per far rientrare le facoltà modenesi e reggiane nel nuovo quadro legislativo. Si tratta di un’operazione necessaria, perché anche nel nostro Ateneo ci sono alcuni ‘rami secchi’: sono quei corsi di laurea che non hanno suscitato l’interesse degli studenti e che si sono rivelati dei semplici ‘contentini’ per i docenti rimasti senza cattedra. Ma questo non significa che i corsi in questione scompariranno da un giorno all’altro; si andrà a esaurimento, dando a tutti la possibilità di finire».

Il primo caso di cui parliamo rappresenta un esempio virtuoso. E’ quello di Scienze della comunicazione, a Reggio Emilia. Qui due triennali sono già state accorpate, per risolvere il problema della carenza di professori. Quello che dovrebbe succedere a Lettere e Filosofia di Modena, dove se si decidesse di accorpare due specialistiche (molto probabilmente quella di analisi dei conflitti e di antropologia) servirebbero ben otto professori in meno.

Anche ingegneria, che al momento ha sette triennali, dovrebbe ridurle a sei, per non soffrire del blocco del turn over. A ‘rischio’ la specialistica di Progettazione e sviluppo dei nuovi materiali. Il rinnovamento dovrebbe interessare anche il corso di laurea in Scienze naturali della facoltà di Scienze matematiche, fisiche e naturali. «E’ uno di quelli che sta soffrendo di più — spiega il rettore — Questo corso di laurea ha rivestito un ruolo importantissimo nella formazione di tanti docenti, ma adesso quella figura professionale non è più così richiesta e dovremmo valutare anche la possibilità di chiuderlo».

Ma rinnovamento non significa solo tagli; «l’importante — spiega il rettore — è promuovere progetti moderni, che sappiano coinvolgere gli studenti e che non siano utili solo per piazzare i docenti. Per questo, se Ingegneria da un lato dovrà tagliare qualcosina, dall’altro potrebbe aprire un nuovo corso di Ingegneria ceramica, molto più adatto al nostro territorio che ospita il distretto ceramico più importante della Penisola. Anche la facoltà di Giurisprudenza potrebbe rimodernarsi un po’, cominciando a trattare diritti più moderni, come quello internazionale, o quello europeo».

E la situazione di crisi finanziaria che attanaglia l’università pubblica potrebbe anche portare gli Atenei a fare rete fra loro per ridurre al minimo i costi. «Se nell’area sanitaria — spiega Pellacani — ci sono alcuni corsi che raccolgono poche adesioni, perché non accorparli con quelli delle altre sedi emiliano - romagnole, come Parma e Ferrara? L’insegnamento diventa comune, si sceglie una sede, e si passa da 36 docenti (ce ne devono essere minimo 4 ogni anno in tutte le facoltà) a 12. Un risparmio, dunque, che non interessa solo noi ma anche le altre università. E questo modello si può riproporre anche in altri settori. Un esempio, il nuovo corso di design industriale, realizzato in collaborazione sempre con l’università di Ferrara, che ospita già una rinomata facoltà di architettura».

La parola d’ordine, dunque, è ‘ottimizzare’. «Le risorse stanno finendo — conclude Pellacani — e per limitare i costi si avverte la necessità di costruire una rete fra gli Atenei, che sono tutti in difficoltà. E gli egoismi dei professori, che negli anni sono emersi più volte per colpa di pericolose logiche corporative, devono una volta per tutte lasciare spazio all’interesse comune».