{{IMG_SX}}Modena, 2 febbraio 2009. Prima o poi sarebbe arrivato, il sequestro dell’auto, per Andrea Mazzi, ingegnere idraulico di Hera. Da ormai due anni l’esattoria fiscale di Modena annunciava di dover requisire la sua Fiat Multipla per i contributi non pagati nei suoi lunghi anni di battaglia contro l’aborto e anche le spese militari: appena duecento euro, tra Irpef non versata e sovrattasse, calcolati a fine anni ’90. E’ dal 1994 a oggi che l’ingegnere si rifiuta di pagare quella parte di tasse che finanzieranno le pratiche legali di aborto e con estremo rigore motiva sempre la sua scelta in una lettera al presidente della Repubblica e all’Agenzia delle Entrate. Da un paio di giorni l’auto gli è stata pignorata.

Ingegnere, ora si pente della sua decisione? Smetterà di evadere?
«Vado dritto per la mia strada con convinzione. Non sono l’unico a percorrerla. Diversi membri della Comunità Papa Giovanni XXIII di cui faccio parte, si comportano come me. Semplicemente, sono stato il primo a subire un provvedimento di questo tipo. Ma la mia non è evasione fiscale».

In che senso?
«Perché i soldi che non verso allo Stato li giro immediatamente a chi ha bisogno, madri in difficoltà che si rivolgono a noi e anche ai Caschi Bianchi. E proprio con alcune persone che hanno potuto beneficiare di queste cifre simboliche andrò a consegnare altrettanto simbolicamente le chiavi della mia Multipla all’Agenzia delle Entrate».

Come farà, senza automobile?
«Io e la mia famiglia siamo caduti in piedi. Possiamo sfruttare una vecchia Peugeot 205 di una zia di mia moglie. E’ solo un po’ più scomoda della Multipla, più rumorosa».

Come ha calcolato la cifra che si rifiuta di versare all’Erario e che finanzierebbe le interruzioni volontarie di gravidanza?
«Non si tratta di un conteggio troppo accurato. Posso però dire quanto viene a costare alla comunità un aborto volontario in ospedale: circa 800 euro, in day hospital. Solo in Emilia Romagna, il costo annuale è di 15 milioni di euro. Ma non è il denaro la questione. Noi non accettiamo che si uccidano bambini. E anche la sofferenza per le madri che abortiscono è immensa e incancellabile, troppo spesso taciuta».

Con la vostra associazione, fondata da don Benzi, avete fatto cambiare idea ad alcune madri che volevano abortire?
«Sì, tante. Pochi lo dicono, ma la maggior parte delle donne che scelgono di perdere il loro bambino non vorrebbe in alcun modo farlo. Sono costrette da sfruttatori, compagni che non vogliono condividere in alcun modo gli oneri di essere genitori».