Demolizione Arbe, nessun vincolo. C’è l’ok della Soprintendenza

Il Comune replica all’appello degli architetti: "E’ un’area privata". Anche Italia Nostra e Movimento 5 Stelle contrari alla distruzione dell’opera progettata da Vinicio Vecchi

Il rendering del negozio Bricoman che sorgerà al posto delle Arbe Grafiche

Il rendering del negozio Bricoman che sorgerà al posto delle Arbe Grafiche

Modena, 11 giugno 2016 - L’edificio delle Arbe Grafiche è in mano a un privato e l’amministrazione non può imporre vincoli. Questa la risposta secca che trapela dal Comune a seguito dell’appello dell’Ordine degli Architetti sul complesso. Come noto, Piazza Grande ha deliberato un permesso di costruire convenzionato a favore dei proprietari dell’area. La società per azioni Abinvest potrà in tal modo insediare un nuovo negozio del marchio Bricoman, con una superficie di circa 2.500 metri quadrati; inoltre vi saranno anche un’area parcheggio e una rotatoria all’altezza di via Rosmini. Il via libera in Consiglio, però, ha scatenato le ire, nell’ordine, di Italia Nostra, Movimento 5 Stelle e, in ultimo, gli architetti modenesi, che due giorni fa hanno ricordato come l’edificio «sia catalogato dall’Istituto per i Beni Culturali della Regione tra le opere di architettura più significative realizzate dopo il 1945», definendo «contraddittorio» il comportamento del Comune, beneficiario «negli anni scorsi della donazione dell’archivio professionale di Vinicio Vecchi, il quale presume si senta responsabilizzato non solo alla conservazione dell’archivio, ma anche delle opere realizzate».

Lo stesso Ordine ha proposto un percorso di rigenerazione urbana che soddisfi le esigenze dell’investitore rispettando «la valorizzazione dagli elementi essenziali della struttura esistente». L’appello però difficilmente troverà terreno fertile: sempre da Piazza Grande, infatti, ricordano come il privato, prima di fare richiesta del permesso a costruire, abbia interpellato la Soprintendenza e quest’ultima non abbia obiettato, dando l’ok all’operazione. Insomma, il messaggio è chiaro: l’amministrazione, anche volendo, non ha nessun potere di fermare la demolizione, semplicemente perché si tratta di un privato che, nella sua area libera da vincoli, può fare quello che vuole. Altro aspetto da considerare è quello economico-sociale: l’intervento porterà circa ottanta posti di lavoro – probabile vengano riassunti molti dei dipendenti lasciati a casa dall’ex Arbe – con oneri per il privato superiori a 2,2 milioni di euro, di cui quasi 900mila finiranno nelle casse di Piazza Grande e saranno a disposizione per nuovi investimenti.

Chiederebbe un approccio diverso, invece, l’Ordine degli Architetti che è sì favorevole al restyling, anche per evitare l’avanzamento del degrado, ma a patto che sia orientato alla tutela della struttura che meriterebbe «una maggiore considerazione da parte dell’Amministrazione, senza che questo debba necessariamente pregiudicare una riqualificazione edilizia, che in tal caso dovrebbe avere l’obiettivo di rispondere alle esigenze commerciali dell’attività che si insedierà, cercando però di coniugarla con i criteri di rispetto e valorizzazione di un edificio di rilevante qualità architettonica caratterizzato da linee curve ed effetti chiaroscurali prodotti dalle superfici rigate dei fronti che possiamo ancora apprezzare e preservare quale patrimonio architettonico».

Sulla stessa lunghezza d’onda Italia Nostra che solo una decina di giorni fa sottolineava come «le Officine Arbe, l’architettura industriale di più alta qualità del Novecento a Modena, non possono essere cancellate dalla storia della città».