Siamo in guerra ma non c’è strategia difensiva

Il ministro Alfano dice che l’allerta è al massimo, dopo i recenti fatti di terrorismo. Speriamo, ma i terroristi forse sono già qui. Impieghiamo l’esercito all’estero per le missioni di pace, ma dovremmo usarlo in Italia per difenderci. Sono pessimista perché non so come si fa a difendere il Paese con forze di polizia sott’organico, mezzi scarsi e leggi buoniste.  Angelo Contri,  Pievepelago (Modena)

risponde Beppe Boni, vicedirettore de Il Resto del Carlino

L’Occidente sa che siamo in guerra ma prevale una ostinata e diffusa volontà di non dichiararlo. Per paura? Per eccesso di buonismo? Forse per tutte e due le cose. I fondamentalisti jihadisti hanno dimostrato di potere colpire quando e dove vogliono, in Tunisia ma anche in Europa. Fare finta di non capire la gravità della situazione aggrava la situazione stessa. Serve una strategia globale contro i guerriglieri islamici ma gli Stati Uniti si defilano, l’Europa non esiste se non per fare i conti in tasca alla Grecia, l’Onu è data per dispersa. La guerra contro i fondamentalisti ha necessità di strategia militare, chiarezza politica, mobilitazione. Tutto ciò si vede a sprazzi. E prima di doverci difendere a casa nostra serve una operazione di contenimento serio in Siria, Iraq e negli altri Paesi a rischio. Se consentiamo agli uomini vestiti di nero di colpire in Italia è già tardi.

beppe.boni@ilcarlino.net