Modena, 22 marzo 2012 - Il 10 marzo c’erano tutti gli occhi di Modena e degli appassionati d’Italia su quel ‘cofano’ giallo letteralmente preso d’assalto dai curiosi. Venti giorni dopo, rallentato il ‘tam-tam’ mediatico, il museo Casa Natale Enzo Ferrari sembra molto diverso. E’ un martedì qualunque, via Ferrari (Paolo - un commediografo - non Enzo) è deserta. Le certezze di chi su quel gioiello architettonico ci aveva investito cominciano a vacillare. I titolari del negozio di magliette, proprio di fronte all’ingresso, aspettavano da 7 anni l’inaugurazione.

Ma nonostante le t-shirt gialle (non rosse, perché il rosso è un’esclusiva di Maranello) che recitano un classico Se lo puoi sognare, lo puoi fare appese fuori dalla porta, contano pochi clienti. Guardano attraverso il vetro: i visitatori arrivano alla spicciolata. Sarà colpa delle indicazioni stradali (i cartelli marroni dedicati ai punti di interesse) che scarseggiano o del fatto che la zona affascina ben poco? Siamo andati a vedere mettendoci nei panni dei turisti. Di quelli che prendono il treno per un ‘pellegrinaggio’ al regno del Drake. Partiamo dunque dalla stazione dei treni, già additata da Lega Moderna come un covo di mendicanti molesti e sporcizia. Appena scesi dalla carrozza non si direbbe.

Sono le 16.20, si ferma il convoglio da Bologna, il marciapiede della banchina è pulito. Certo la ruggine della tettoia e l’intonaco scrostato dell’edificio non sono un bello spettacolo, ma gli anni passano ed è da mettere in conto. Scendiamo gli scalini, entriamo nel tunnel. Uno sguardo a destra, uno a sinistra. Niente di strano. Ma poi ci dirigiamo verso il binario sette perché qualcuno, anche per sbaglio, ci finirà laggiù in fondo. Subito a destra, dietro un muretto c’è un giaciglio di fortuna. Una coperta gialla con un disegno a foglie, una bottiglia, qualche cartone. Un turista potrebbe esclamare un Bleah e tirare dritto.
 

Ma fuori non va meglio. Non è tanto la sporcizia, quanto lo squallore. Percorriamo i portici di via Crispi attenti a non pestare le chiazze di urina, le colonne con aloni neri e sgretolate la dicono tutta sulla scarsa cura che c’è della zona. Appoggiato un giovane che tracanna una birra (e sono sempre le 16.30). Ci fermiamo a guardare la piantina che dice voi siete qui. Il verso non sembra essere quello giusto, ma pazienza. L’edicolante ci ha detto che per arrivare al museo è semplicissimo: dritto, poi vede l’hotel dopo il cavalcavia ed è arrivata. In effetti, tutto si può dire fuorché sia scomodo per chi viaggia in treno. La stazione è a due passi. Il punto è che camminando la domanda che ronza in testa è: ma cosa c’entra il museo con questo? Per questo intendiamo la spazzatura accatastata vicino a un bidone, i balconi di alcuni palazzi che sembrano cadere a pezzi, e una interminabile serie di vecchi garage e porte chiuse. Le attività sono ancora poche.

Aprirà tra poco Pit-Lane e forse seguirà a ruota un altro noleggiatore di bolidi. Un cartello a caratteri cubitali annuncia l’inaugurazione di una trattoria. Ma chi c’è dopo poco più di due settimane è già scoraggiato. Durante la settimana i turisti sono pochi, va meglio il week-end, dicono. Ma basterà per sostenere i costi della avveniristica struttura (sul fatto che esteticamente sia bella non si discute) e a mantenere in vita le attività che ruotano intorno al business dei turisti? Dipende se ci sarà, è proprio il caso si dirlo, una accelerata. Se la zona cambierà faccia e se i difetti saranno corretti. «All’ingresso del museo non ci sono gli orari, né il prezzo del biglietto. Chiedono a noi», dice un esercente. Vero. Ma non è l’unica cosa che manca. Se si punta a far diventare la zona ritrovo anche serale bisognerà migliorare l’illuminazione. Non bastano i faretti ‘rasoterra’ del vialetto che porta all’officina Alfredo Ferrari. E poi, e non è un dettaglio, manca una toilette a servizio del bar dove l’accesso è libero. Pardon, una all’interno del ‘cofano’ c’è, ma per usarla bisogna comprare il biglietto. 13 euro.

In ogni caso, quello di cui davvero si sente la mancanza sono le Rosse. E’ la critica più ricorrente. Incontriamo un appassionato che gironzola e ci scappa un ‘Come le sembra?’. «Devo essere sincero?», chiede. Certo. «In una parola: deludente. Mi ero ritagliato due ore di tempo. Mi sono detto: basteranno per visitarlo tutto?». Un’ora dopo è già sulla via dell’uscita. Massimiliano Canepa di musei ne ha visti tanti. Quando parla di quello della Porsche a Stoccarda gli si illuminano gli occhi. Non è lo stesso per il Mef, la cui bellezza è oscurata da palazzine in costruzione e cartelli affittasi. «Peccato...Ho letto officina sull’insegna e pensavo di trovare il vecchio laboratorio di Enzo Ferrari». Parla da fanatico di auto di tutti i tipi. «Ero certo qui ci fossero i pezzi della storia della Casa automobilistica. Invece...dove sono le Rosse?». E snocciola modelli che avrebbe desiderato ammirare. «Di certo non tornerò. Il rapporto prezzo-contenuto non regge». Be’, tutta la città sarà di certo contenta se arriveranno numeri positivi a smentirlo...