Modena, 24 maggio 2012 - Se hai la terra nel sangue, i campi da coltivare sono tutta la tua vita, sono il sudore in ogni zolla fertile. E le vacche nella stalla, i maiali nella porcilaia, sono figli da accudire e non abbandonare, mai, neanche se c’è il terremoto.
Gli agricoltori e allevatori della Bassa, sfollati, non stanno dormendo nelle tendopoli della protezione civile: preferiscono restare qui, accanto ai campi e agli animali , si arrangiano con le coperte in auto o tende canadesi nel cortile.
Devono continuare a lavorare la terra altrimenti vanno in malora tutte le coltivazioni di frutta e cereali, tipiche tra Finale, San Felice e Mirandola. Anche se la terra è ferita, con spaccature da cui sgorga sabbia e fango.


La condizione che si vive in queste ore nelle campagne non è ancora rimbalzata nei giornali e televisioni ma è qui che si contano i danni maggiori.
Sembrano terre bombardate da un raid aereo: ovunque ti volti ci sono case crollate, capannoni sfondati, cumuli di macerie. Sono crollati i tetti dei casolari, ed era prevedibile perchè sono molto vecchie e non hanno norme antisismiche, ma sono crollati anche capannoni di fienili, alcuni appena ristrutturati che dovevano rimanere in piedi. Ci si chiede perchè e se lo sta chiedendo anche la Procura.


Intanto è corsa contro il tempo per rispettare i tempi della raccolta, gli imprenditori sollecitano le verifiche di agibilità che tardano ad arrivare: «Capiamo che siano importanti i centri storici, ma qui siamo messi malissimo e non è ancora venuto qualcuno nonostante le nostre chiamate», è quello che dicono in molti.
Si cerca di mettere in salvo i macchinari agricoli per continuare a lavorare.

«Io dormo in una tenda in giardino ancorata ai trattori nuovi, così sono sicuro che non me li rubano» dice Andrea Belluti, uno degli agricoltori più importanti della zona di Finale con 450 ettari di terra coltivata a ortofrutta, pomodori, cereali e cipolla. «Ho 14 fienli in tutto il territorio, di cui 7 sono completamente crollati e altri 7 compromessi: è un danno enorme, avrò circa 4 milioni di danni tra capannoni e le abitazioni».
Quello che non è crollato sabato notte è venuto giù domenica con le altre scosse minori. «Quando domenica ho visto crollare anche i capannoni appena ristrutturati mi è passata la voglia di andare avanti, mi è crollato il mondo addosso» dice sconsolato.


Tra una ventina di giorni inizia la raccolta del grano, ancora prima quella di meloni e cocomeri. Il problema non è solo reperire i macchinari per la raccolta ma anche dove stoccare il prodotto.
«Molti magazzini sono inabigili — spiega Belluti — non sappiamo dove portare il mais». Uno dei magazzini di stoccaggio più vicini, a Bondeno, è completamente distrutto.
 

Sulla situazione drammatica che stanno vivendo agricoltori e allevatori è intevenuta anche Eugenia Bergamaschi, presidente di Confagricoltura Modena:
«La situazione è critica, abbiamo molti associati in quei territori e sono avviliti. Bisogna subito togliere l’Imu sui fabbricati rurali strumentali, ma servono anche politiche nazionali per la ripresa: non servono solo soldi, si deve snellire la burocrazia per permettere agli imprenditori di ricominciare a lavorare».


Anche la Cia Modena chiede al Governo di «sospendere le imposte, tra cui l’Imu, sugli immobili colpiti dal terremoto» e fornisce qualche dato allarmante: «Si parla di svariati milioni di euro a cui si aggiunge la perdita di prodotti ad alto valore aggiunto come l’Aceto balsamico che è fuoriuscito dalle botti e le forme di parmigiano che sono cadute dalle scalere».
Nei due stabilimenti di stagionatura del formaggio Albalat e la Cappelletta del Duca, «sono andate perdute 130 mila forme per un valore di 40 milioni di euro».

Silvia Saracino