Modena, 20 luglio 2013 - Schiacciati tra il senso di responsabilità per il loro ruolo sociale e la necessità della Curia di tagliare il servizio. È la situazione in cui si trovano i 25 dipendenti dell’Arcidiocesi di Modena e Nonantola: per loro il rischio è quello di una cassa integrazione straordinaria, per colpa di un buco di bilancio di circa 500mila euro. Stiamo parlando di amministrativi, centralinisti, organizzatori, per lo più laici che lavorano in consultori, scuole e realtà come la Caritas diocesana.

La proposta della cassa integrazione straordinaria, avanzata nei giorni scorsi, comporterebbe quattro giorni lavorativi a settimana, invece che i cinque canonici, almeno per i mesi che mancano alla fine del 2013. Proposta che ieri mattina i sindacati Cisl, Cgil e Uil hanno esposto ai dipendenti in un’assemblea. L’obiettivo della mattinata doveva essere decidere se accettare o meno l’ipotesi dell’amortizzatore sociale, ma la situazione è rimasta ferma. «I dipendenti — spiega il rappresentante sindacale Massimo Caiazzo — ci hanno chiesto di approfondire con la Curia la possibilità di eventuali altri tagli, prima di lasciarli a casa un giorno, anche perché è un’opzione che non coprirebbe di certo il buco di bilancio».

Buco causato dalle minori offerte dei fedeli e da una quota sempre maggiore di risorse impiegate per le richieste d’aiuto dei cittadini, oltre alle spese per le parrocchie colpite dal terremoto dello scorso anno. La cosa davvero fuori dalle righe è che il problema principale dei dipendenti non è l’eventuale decurtamento degli stipendi: «‘Come facciamo a riempire i buchi? Chi porterà avanti i progetti attivi?’, sono le questioni che si pongono», racconta Caiazzo. Già, perché quando a finire sotto le grinfie della crisi economica è una realtà che si occupa del sociale, i tagli fanno male non solo ai dipendenti ma a tutti quelli, principalmente bisognosi, che girano intorno alla rete di servizi offerti. L’evoluzione dal punto di vista sindacale è che ci saranno altri due incontri la prossima settimana, uno con la Curia e l’altro con i dipendenti, per raggiungere un accordo.

di Chiara Mastria