Modena, 4 marzo 2014 - E’ VENUTO a vedere di persona quello che il senatore Carlo Giovanardi ha definito uno scempio. E’ bastato un brevissimo sopralluogo nel parco delle Mura, per far dire al noto critico d’arte Vittorio Sgarbi che i chioschi in via di costruzione rappresentano uno scandalo. Sgarbi ha pubblicamente richiesto l’intervento della magistratura, affinchè dia credito e risposte ad una battaglia giusta e importante; quella che portano avanti appunto le associazioni, i cittadini e Giovanardi. E’ stato il senatore a mostrare a Sgarbi il chiosco in costruzione di fronte all’ex questura.

«LA magistratura interviene solo per sciocchezze, ma non per lo scandalo del palazzo di giustizia di Firenze, la più brutta schifezza dell’universo, ad esempio, o come per questo obbrobrio. La parola parco prevede l’inviolabilità; io ho sempre avuto una certa considerazione della Grifoni — dice Sgarbi — e proprio non capisco come abbia potuto avallare un progetto di questo genere. La magistratura non può non vedere e se non vede è colpevole di associazione a delinquere; se non blocca i cantieri è complice».

Secondo Sgarbi, inotre, la pubblica amministrazione viola le regole che non poteva violare e le parole riqualificazione urbanistica e valorizzazione commerciale non possono esistere all’interno di un parco storico. «Se si concedono spazi per cercare di dare una mano agli esercenti — contnua Sgarbi — occorre usare la testa e rispettare la legge. Un chiosco deve essere fatto di legno, non di cemento armato; ma cosa possiamo pretendere se l’amministrazione neppure si occupa dei problemi dell’acqua?».

Il critico d’arte ha infatti fatto notare come, passeggiando nel parco sotto la pioggia, fossero pochissimi i punti della ciclabile non allagati dove poter appoggiare i piedi. «Anche i gestori sono delle vittime — commenta ancora Sgarbi — anche perchè sarebbero bastati dodici minuti per autorizzare chioschi in legno. Mentre qui ci sono voluti 13 anni per trovare una soluzione che è una violenza contro cui lo stesso assessore dice: io non sono d’accordo, ma la devo fare comunque. O l’Amministrazione è cieca, o vi è un accordo criminale perverso coi costruttori, con chi ha avuto l’appalto. Il reato c’è e chiedo l’intervento della magistratura», conclude Sgarbi. Presente all’incontro, ieri mattina, anche Gaetano Galli ambientalista modenese, che ha illustrato a Giovanardi e Sgarbi diverse fotografie comprovanti i danni arrecati al prato, alle piante, alcune di queste soppresse e alle radici, cementificate.

«SIAMO in totale violazione dell’articolo 20 del decreto legislativo 42 del 2004 del codice dei beni culturali e del paesaggio, che sottolinea come i beni culturali non possano essere distrutti o danneggiati. Pensare che intere aiutole sono state invece distrutte per consentire di gettare la base di cemento armato. Infine — dice Galli — un parco storico mal supporta utilizzi di massa e gli stessi cittadini, passeggiando in un’area verde, cercano la quiete e non sicuramente centinaia di persone che fanno chiasso, odore di salsiccia e musica «aggressiva». In merito alle polemiche sui chioschi, secondo Dante Mazzi, capogruppo PdL in consiglio provinciale, la vicenda è simile a quanto successo nel 1996 con i chioschi in piazza XX settembre. E’ il medesimo copione: il Comune tirò dritto incurante delle critiche e i commercianti — dice Mazzi — pur di continuare a lavorare, furono obbligati loro malgrado ad accettare e ad appoggiare il progetto, pagando anche di tasca loro. Dopo 20 anni e dopo aver gettato al vento oltre 10 miliardi di lire, i chioschi sono stati considerati un fallimento anche estetico da parte di chi li aveva voluti.

Valentina Reggiani