Modena, 13 giugno 2014 - Quattrocentomila euro, da dividere tra i parenti più stretti: i due figli. Cifra comprensiva delle spese legali (che ovviamente rappresentano solo una piccola fetta del totale). L’avvocato Agostino Ascari (del foro di Modena) ha concordato con l’assicurazione del Policlinico questo maxi risarcimento per i parenti di una 52enne deceduta dopo un intervento eseguito nell’Emodinamica di Giuseppe Sangiorgi, arrestato nel novembre del 2012 insieme al primario di Cardiologia Maria Grazia Modena nell’ambito della maxi inchiesta ‘Camici sporchi’.

L’anno in questione è il 2010, proprio il periodo finito al centro dell’inchiesta penale che ha scosso la sanità e che tornerà in tribunale il 25, tra due settimane. L’avvocato ha basato la sua tesi, ovvero la mancanza di un corretto consenso informato alla paziente nell’applicazione dello stent, su una perizia di parte svolta da un medico legale. Nel febbraio del 2013 la prima raccomandata spedita a via del Pozzo e dopo una primissima proposta risarcitoria di alcune decine di migliaia di euro, una scadenza ben precisa oltre la quale il legale avrebbe fatto causa in sede civile. L’ultima novità, recentissima, è appunto rappresentata dai 400mila euro: una somma non lontana da quanto Ascari, sulla base appunto della perizia, aveva stabilito per i suoi assistiti. In attesa delle quietanze, l’ultimissimo passaggio, l’accordo tra le parti è ormai raggiunto e rappresenta il primissimo caso legato allo scandalo Cardiologia di fatto chiuso. Come detto, l’ipotesi sollevata da Ascari è che la paziente non sia stata informata nel modo corretto su quanto le sarebbe stato poi fatto.

Così è riassunta la vicenda nella perizia: la donna viene ricoverata in Cardiologia nel maggio di quattro anni fa, per un’insufficienza cardio-circolatoria. In rianimazione per nove giorni, viene sottoposta a una coronarografia, attraverso appunto all’applicazione di uno stent. Un grosso ematoma da dissecazione dell’arteria femorale viene poi messo in evidenza da una Tac addominale. Immediatamente dopo un successivo intervento non riesce ad evitare il decesso. Il tutto avvenuto a seguito della ‘mera’ firma di un modulo pre-stampato per il consenso informato. E proprio questo aspetto, la mancata o quanto meno non corretta informazione al paziente (che peraltro rappresenta uno dei fatti centrali nella maxi inchiesta penale), ha convinto i figli a rivolgersi all’avvocato. Inoltre, sempre nella richiesta di risarcimento, si contestava l’esecuzione dell’esame per via transfermorale e non per quella radiale (via polso), per il medico legale una soluzione meno rischiosa per soggetti affetti da arteriopatia, come la 52enne.

Francesco Vecchi