Modena, dopo l'assoluzione. "Chioschi, serve un progetto per la riapertura"

Parco delle Rimembranze, il giudice Malvasi motiva i sei provvedimenti

Chioschi sequestrati nel parco

Chioschi sequestrati nel parco

Modena, 29 luglio 2017 - «L’istruttoria ha fornito dimostrazione che gli imputati hanno agito per finalità di interesse pubblico e non per il perseguimento di interessi privati... ciascuno nell’ambito delle proprie prerogative e competenze. La Soprintendenza relativamente al parco, bene di interesse culturale, ha esplicato diligentemente attività di controllo e di vigilanza finalizzata alla salvaguardia e conservazione del bene medesimo».

Delle cinquanta pagine di motivazioni firmate dal giudice Barbara Malvasi si potrebbero scegliere tanti passaggi che esplicano al meglio le ragioni dell’assoluzione (perché il fatto non sussiste) del caso chioschi. Sono risultati infatti innocenti dopo la bufera, tanto giudiziaria quanto politica, i dirigenti del settore Urbanistica del Comune Giovanni Villanti e Marco Stancari (difesi dall’avvocato Roberto Chiossi), gli ex assessori Daniele Sitta e Stefano Prampolini (difesi dagli avvocati Luca Scaglione e Roberto Mariani) e le soprintendenti Graziella Polidori e Paola Grifoni (rappresentate dall’avvocato Luca Pastorelli).

Tutti finiti a processo per violazione del codice dei beni culturali e, i soli due tecnici, anche per abuso edilizio. Quello appena citato, dicevamo, è, probabilmente, il più esaustivo dei concetti espressi: il giudice dice in sostanza che chi ha lavorato, in un modo o nell’altro, alla realizzazione del progetto al parco delle Rimembranze, lo ha fatto col fine ultimo del bene della città, dell’interesse della stessa. Ovvero la rivitalizzazione dell’area, che sicuramente tanto avrebbe da dare, soprattutto in termini presenze di persone nelle ore serali in una fetta a ridosso del centro storico che ora, vedere per credere, versa in pessime condizioni di quasi totale abbandono.

A tre anni e mezzo dal sequestro della magistratura (fascicolo in mano al pm Claudia Natalini), dalla battaglia «contro gli ecomostri» fatta da Italia Nostra e dal senatore Carlo Giovanardi (e ad un mese dalla conclusione del processo di primo grado) Malvasi chiudendo l’elaborato parla anche di questo, di una questione, lo stato di degrado del parco, che va risolta: «Alla pronuncia di assoluzione consegue la restituzione dei cantieri al Comune di Modena quale avente diritto, affinché possa provvedere tempestivamente alla adozione e realizzazione di un progetto che consenta la riapertura dei chioschi nel parco delle Rimembranze, presupposto indispensabile per il perseguimento del fine di interesse pubblico di riqualificazione di prestigiosa zona verde della città – continua il giudice Malvasi – posta ai margini del centro storico nella quale va comunque garantito un maggior livello di pubblica sicurezza al fine di mettere a disposizione della comunità un luogo tradizionalmente di incontro e di passeggio».

Di più, nel documento si prende in esame anche il come il progetto dovrebbe essere realizzato, magari con qualche modifica (che non appare di sostanza) a quello che la giunta Pighi voleva lì dove ora ci sono gli scheletri in cemento: «La presenza dei chioschi nel parco è innegabilmente funzionale a superare lo stato di degrado attuale e a garantire decoro e maggiore sicurezza; ciò – si legge nelle motivazioni – dovrà avvenire ovviamente nel pieno rispetto degli strumenti urbanistici, e dei vincoli culturali e paesaggistici gravanti sul parco imposti dalla Soprintendenza, quindi attraverso un progetto di minimo impatto ambientale, con la realizzazione di strutture adeguate dal punto di vista sanitario, di dimensioni magari più contenute rispetto a quelle di cui al precedente progetto, in numero semmai inferiore e comunque proporzionato alle dimensioni del parco ed a quello che può preventivarsi essere l’afflusso dei frequentatori, con l’utilizzo di materiali in armonia con il contesto verde e storico di riferimento».

E se questi passaggi possono anche essere letti come un riconoscimento parziale delle ragioni degli oppositori al progetto, in realtà la sentenza assolutoria non trova, nel merito, vere e proprie irregolarità commesse dagli ex assessori, dai dirigenti e dalle soprintendenti. Piuttosto si riconosce l’estrema complessità della materia, ovvero la disciplina urbanistica del Comune. «Il contestato uso errato degli strumenti urbanistici – altro passaggio cruciale delle motivazioni – sostenuto dal solo consulente del pm e condiviso dalla parte civile – gli ambientalisti di Italia Nostra, ndr –, è stato confutato da una pluralità di voci esperte (consulenti di tutte le difese) con argomentazioni adeguate, perlopiù coincidenti, nel tentativo di fornire un quadro esaustivo e convincente della cornice normativa entro la quale il progetto di riqualificazione nel parco avrebbe dovuto essere realizzato... è emersa la complessità della disciplina urbanistica ed edilizia del Comune di Modena, costituita da fonti normative e regolamentari i cui ambiti di applicazione e le cui rispettive posizioni gerarchiche sono state oggetto di contrastanti interpretazioni da parte di luminari, addetti ai lavori e/o comunque esperti del settore particolarmente qualificati in quanto conoscitori di diritto urbanistico».