Trasferite in Duomo le salme dei due arcivescovi

Monsignor Cocchi e monsignor Lanfranchi sepolti in cattedrale con una solenne cerimonia

La traslazione dei due vescovi (FotoFiocchi)

La traslazione dei due vescovi (FotoFiocchi)

Modena, 24 settembre 2016. - I vescovi Benito e Antonio sono stati “testimoni di un amore profondo e mai esibito, spesso nascosto ma reale, accogliente e severo insieme”. E hanno “amato nella forma del servizio, e servito nella forna dell'amore”. Con queste parole monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena, ha accolto in Duomo i feretri dei suoi due predecessori, monsignor Benito Cocchi (che ha guidato la diocesi dal 1996 al 2010, ed è scomparso il 5 maggio scorso) e monsignor Antonio Lanfranchi (pastore della Chiesa modenese fal 2010 al 2015, che si è spento il 17 febbraio dello scorso anno). Le salme dei due arcivescovi, che dopo i rispettivi funerali erano state collocate al cimitero di San Cataldo, sono state trasferite nella navata sinistra del Duomo di Modena, e tumulate accanto a quella della dottoressa Luisa Guidotti Mistrali, missionaria uccisa in Africa nel 1979, per la quale è in corso il processo di beatificazione.

Stamattina si è tenuta la cerimonia di traslazione in una cattedrale gremitissima di fedeli e sacerdoti: all'altare con monsignor Castellucci erano anche monsignor Lino Pizzi, vescovo di Forlì, monsignor Giuseppe Verucchi, vescovo emerito di Ravenna, monsignor Ignazio Bedini, vescovo emertio di Ispaham dei Latini, monsignor Luigi Chiesa, vicario generale di Piacenza Bobbio, insieme a monsignor Giuliano Gazzetti, vicario generale della diocesi di Modena. Presente alla cerimonia anche monsignor Giacomo Morandi, già vicario generale della diocesi, ora Sottosegretario della Congregazione per la dottrina della fede in Vaticano. 

Verso le 11 le due salme (portate a spalle da diversi sacerdoti) sono state accolte dall'arcivescovo e condotte all'altare laterale, sotto “San Sebastiano” opera di Dosso Dossi, accanto alla scalinata che conduce alla sacrestia e all'ambone. Su ciascuna delle due bare è stata collocata la mitria bianca, simbolo episcopale, e un cero acceso. Nell'omelia della Santa Messa , monsignor Castellucci ha rimarcato la prospettiva cristiana della speranza, per cui la vita non si conclude con la morte, anzi già con il Battesimo “siamo passati dalla morte alla vita”. I due arcivescovi Cocchi e Lanfranchi “hanno amato e servito, non comandato e spadroneggiato”, ha aggiunto don Erio, evocando l'immagine usata da Papa Francesco, che parla della Chiesa come una piramide capovolta, dove il vertice si trova al di sotto della base. Allo stesso modo, come in un iceberg la parte emersa è solo in 10 per cento, “l'amore è in grande misura sommerso, nascosto, perché non si preoccupa di esibirsi ma di esserci – ha sottolineato l'arcivescovo -. E' così anche l'amore dei pastori: emerge solo la parte pubblica, ma il resto accade in profondità”, nella preghiera, nella sofferenza, anche nelle decisioni difficili da prendere.

Prima della benedizione finale, l'arcivescovo e gli altri celebranti si sono recati nuovamente davanti all'area con i due feretri per una nuova preghiera. La tumulazione definitiva avverrà in forma privata. I due arcivescovi dunque riposeranno nel Duomo che accoglie le spoglie di San Geminiano, amatissimo vescovo e patrono della diocesi. 

La mattinata in Cattedrale era iniziata con l'apertura dell'anno pastorale 2016 – 2017: monsignor Castellucci ha illustrato i contenuti della sua prima Lettera pastorale (dal suo insediamento, avvenuto poco più di un anno fa). “E' il Signore che costruisce la casa”, è il titolo del documento che – sulla scia dei lavori sinodali e dell'esortazione apostolica Amoris Laetitiae di Papa Francesco – traccia alcune linee per il lavoro pastorale con le famiglie, affrontando anche i temi della comunione eucaristica ai divorziati, o della formazione dei giovani e dei fidanzati, tutti temi che saranno declinati nel corso dell'anno pastorale.