Modena, concerto per Pavarotti a Verona. "Rottamati i valori del tenore"

L’affondo di Micaela Magiera, figlia del maestro di 'Big Luciano', contro Nicoletta Mantovani

Modena, concerto per Pavarotti a Verona. "Rottamati i valori di Pavarotti" (Ansa)

Modena, concerto per Pavarotti a Verona. "Rottamati i valori di Pavarotti" (Ansa)

Modena, 11 marzo 2017 - Un affondo senza tanti giri di parole. E se l’argomento è Pavarotti il clamore è assicurato. Le proteste per il trasloco del tributo a Big Luciano all’Arena di Verona, in occasione del decennale della sua morte, hanno alimentato fiumi di inchiostro, ma questa volta a parlare è qualcuno per cui il grande tenore era uno di famiglia, specialmente per suo padre. Micaela Magiera, figlia di Leone, è cresciuta a pane e lirica, grazie a un papà e a una mamma (una certa Mirella Freni) che hanno calcato i palcoscenici più importanti del mondo. Leone non è stato solo il maestro di Pavarotti sin dai primi anni della sua carriera, ma anche uno dei suoi più intimi. E leggendo la lettera che Micaela ha diffuso ieri, è difficile non ricordare quello strepitoso sodalizio durato più di quarant’anni, conclusosi in maniera amara dopo la morte di Luciano e il clamoroso scontro tra la seconda moglie di Leone, Lidia La Marca, e Nicoletta Mantovani sulle presunte tensioni (raccontate in un’intervista) tra quest’ultima e Pavarotti.

«Fino a ieri – scrive Micaela – pensavo che il ‘tempio’ della lirica fosse il Teatro alla Scala di Milano; ringrazio la signora Mantovani, per avermi illuminata sulla realtà dei fatti: al giorno d’oggi, epoca in cui quello che conta è il ‘fenomeno di massa’, il tempio della lirica è diventato l’Arena di Verona». Il riferimento è alle recenti dichiarazioni rilasciate dalla vedova di Pavarotti per giustificare la scelta di salutare temporaneamente Modena.

«Stupidamente – continua la missiva – pensavo che uno spettacolo, basato soprattutto sul suono, sulle sfumature e l’interpretazione musicale da assaporare al buio e in silenzio, appunto come in un tempio, fosse più adatto a un luogo chiuso come un teatro piuttosto che a un’arena di gladiatori».

«Fortunatamente – prosegue Magiera – la signora Mantovani mi ha aperto gli occhi: dopo anni passati in mezzo al mondo della lirica, mi accorgo che i sacrifici, l’arte, la vita di Luciano contano ben poco, perché non hanno lasciato alcun segno: ormai il ‘Pavarotti lirico’, uno dei più grandi interpreti del ‘900 che ci ha resi famosi nel mondo, quello per cui Luciano stesso voleva essere ricordato, praticamente non esiste più». Per la figlia di Leone Magiera «dobbiamo imparare ad assistere felici alla penosa difficoltà di quello stesso grande uomo, nel seguire il ritmo a lui poco congeniale di canzonette eseguite alla bene meglio, assieme a star del momento, capaci di riempire stadi ed arene… quantità invece che qualità. Questo è quello che ci viene offerto e di questo dobbiamo gioire?»

«Rottamiamo i valori ormai inattuali che Luciano ha rappresentato nella sua vita (ad eccezione degli ultimi anni). Non hanno più senso – aggiunge Magiera – le vecchie arie di Verdi o Puccini interpretate dopo anni di ricerca dell’espressività artistica; come non ha più senso l’antiquato attaccamento alla propria terra: è una mentalità un po’ contadina, che deve lasciar posto a concetti più moderni, più manageriali, più redditizi».