L'esempio di Coscogno: 'Così abbiamo imparato ad apprezzare i profughi'

Mentre a Gorino i cittadini fanno le barricate, nella frazione di Pavullo integrazione dopo le proteste. I residenti sempre più spesso offrono un pasto ai dieci profughi africani

805A_WEB

805A_WEB

Modena, 27 ottobre 2016 - Fa notizia il caso di Gorino, nel Ferrarese, dove i cittadini si sono barricati contro i migranti. Ma fa altrettanto notizia la frazione di Coscogno, nel comune di Pavullo, 300 anime appena, che dopo aver gridato ‘no’ all’arrivo di 10 profughi lo scorso mese di agosto, oggi si è ricreduta sul loro conto. E dove la diffidenza e la paura iniziali hanno lasciato il posto all’accoglienza e alla solidarietà nei confronti dei richiedenti asilo. Un miracolo? No, è soltanto la storia di una comunità che ha saputo mettersi in discussione e aprire le porte anche a chi è diverso. «All’inizio è normale essere diffidenti – racconta una residente che vive proprio di fronte all’appartamento dove sono ospitati i 10 profughi africani –. All’inizio avevamo alzato barricate contro di loro. Non li volevamo, le mamme non erano più disposte a portare i figli al parco giochi nella frazione. Ma adesso, che abbiamo avuto modo di conoscerli, ci siamo ricreduti. Sono gentili, carini. E ci salutano sempre».

Tanto che non di rado si offrono per dare una mano ai residenti. Come accaduto pochi giorni fa ad Armando Pignattari, pensionato, che vive a pochi metri di distanza dai profughi. «Quando possono mi aiutano – racconta –. L’altro giorno ero in cortile, e stavo portando della legna in casa. Avevo mal di schiena, e loro mi hanno visto. Sono venuti in tre a darmi una mano, e hanno portato la legna al posto mio. Adesso, appena li vedo, gli offro il caffè».

Un gesto, quello di offrire qualcosa da mangiare o da bere ai richiedenti asilo, che sembra diventata un’abitudine qui a Coscogno. Tanto più negli ultimi giorni, durante i quali il cibo a disposizione dei profughi (per i motivi economici nei quali si trova la cooperativa Caleidos che gestisce la loro accoglienza) scarseggiava, e la loro dispensa era rimasta quasi vuota. E al bar della frazione in diversi hanno offerto qualcosa da bere e da mangiare ai migranti. E altri hanno fatto la spesa per loro, portando qualche pacco di pasta, lanciando addirittura l’idea di una colletta. E sempre nei dintorni del bar non è raro vedere i profughi con la scopa in mano, che si rendono utili spazzando il cortile, forse per ricambiare il favore di un pasto offerto.

«Abbiamo un bel rapporto con loro, si stanno comportando bene», aggiunge Giuliano Cornia, dell’omonima officina di moto della frazione. «Sono gentili, vengono al bar, non danno noia a nessuno», precisa Leonardo Chezzi, un altro cittadino. E anche il parroco, don Emilio Bernardoni, si sta dando da fare per aumentare le occasioni di scambio e integrazione tra profughi e comunità. «Stiamo organizzando degli incontri – spiega il sacerdote -, per avvicinare i ponti tra loro e la frazione. Abbiamo avanzato la proposta di fare una cena tutti insieme. Magari per l’11 novembre, giorno di san Martino». Insomma la diffidenza iniziale verso l’accoglienza dei profughi è rientrata. Anche se naturalmente qualcuno ancora scettico resta.