Modena, Alessia era una donna senza passato: "Ho ritrovato la memoria e la vita"

Colpita da una malattia rarissima, coi disegni ha recuperato tutto

Alessia Bellino

Alessia Bellino

Modena, 8 gennaio 2018 - «Ricordo di aver aperto gli occhi dopo un lungo sonno, ma era come se fossi nata in quel momento: mi sembrava di non conoscere le persone accanto a me. A fatica ho capito che quello che mi teneva la mano era mio marito».  ‘Spegnersi’ per mesi a causa di una rarissima malattia, l’ encefalite da anticorpi anti-NMDA che colpisce in prevalenza giovani donne, che all’improvviso cambiano personalità. E poi svegliarsi, come se il passato si fosse azzerato e ricominciare dalle piccole cose, come il disegno. Così è stato per Alessia Bellino, antropologa modenese di 34 anni tra le pochissime donne in Italia, forse dieci, che hanno contratto la malattia.  Qual’è stato il primo ricordo? «Ho riconsciuto dopo un po’ mio marito, anche se gli ho chiesto se fossimo sposati e se avessimo figli, che non abbiamo. Poi mi è venuto in mente che ero iscritta alla maratona di Roma e ho chiesto se potevo andare».  E cos’hai pensato trovandoti in ospedale? «Ero confusa; è strano, ho iniziato a ricordare la parte più fisica delle cose, come i miei vestiti o le scarpe. Mi guardavo, ero intubata e in pigiama, facevo fatica anche a riconoscere me stessa. Mi sono svegliata coi capelli lunghi, che prima erano corti: me li sono trovati sulle spalle, come se il tempo si fosse fermato». Sei stata incosciente cento giorni, il tempo del ricovero, qual’è stata la parte più difficile? «Non avere più il controllo di me stessa: ho dovuto imparare a 32 anni a camminare, a vestirmi, a parlare e in questo il disegno, che ho sempre amato tantissimo, mi ha aiutato molto. Infatti poco dopo ho iniziato a rappresentare me stessa, quello che mi stava capitando e ho accettato di fare piccole vignette per il libro di mio cugino Luca, ‘Fecondo me’». Ora la memoria è tornata? «Ci sono ancora black out, ma sto bene. Facevo chilometri nelle corsie dell’ospedale per muovermi, ma anche per far affiorare i ricordi e i primi a tornare sono stati i più freschi. All’inizio respingevo anche mamma e papà».  E il lavoro? «Quando mi sono svegliata sapevo di essere legata all’ambito della scuola e degli stranieri, poi a casa mi sono riletta gli appunti. I colleghi della cooperativa Gulliver mi hanno aiutato tanto» Come è arrivata la malattia?  «A 31 anni ero una normale donna sana, felicemente sposata. A fine 2014 ho iniziato ad avere forti mal di testa, febbre, insonnia e alterazioni dell’umore, che in breve si sono rivelati sintomi di una encefalite. Ricordo solo di essere svenuta, a causa di una crisi epilettica. Poi sono finita a Baggiovara, dove medici in gamba dell’equipe del professor Nichelli mi hanno salvato. Hanno capito che si trattava di un’encefalite autoimmune, avendo seguito un altro caso».  Quando è avvenuto il risveglio?  «A fine maggio, per poi essere dimessa a fine giugno 2015. Una volta a casa, ho trascorso l’estate a camminare. Ho dovuto pure riprendere la patente. (Sorride). Il tuo sogno?  «Sono grata per questa seconda occasione e vorrei creare un’associazione italiana, che non esiste».