Modena, mediatori culturali, questi sconosciuti. "I più furbi si nominano da soli"

L’avvocato Ascari: "Spesso ottengono soldi in cambio di favori"

L’avvocato Davide Ascari

L’avvocato Davide Ascari

Modena, 19 settembre 2017 – Mediatori culturali, questi sconosciuti. Dopo il licenziamento di Abid Jee, il mediatore, appunto, che su Facebook ha postato quel raccapricciante post in cui, riferendosi allo stupro di Rimini, sosteneva come alle donne piacesse la violenza, ora sono in tanti a chiedersi in cosa consista la formazione rivolta ai mediatori. Nel senso: in Italia come si ottiene la qualifica di mediatore che, come indica il termine stesso, prevede che l’operatore funga ‘da ponte’ o facilitatore tra una cultura e l’altra, affinchè si realizzi l’inserimento degli stranieri nel contesto sociale del paese di accoglienza? A quanto pare, nel nostro paese il ‘titolo’ avviene per ‘autoproclamazione’, ovvero: chi è da più tempo in Italia e sviluppa ovviamente maggiori competenze e attitudini si lancia sul ‘mercato’ come tale.

Anche perchè la Regione da tempo non organizza corsi che possano garantire in tal senso una corretta formazione. A confermarlo è anche il noto avvocato modenese Davide Ascari, che spesso si occupa di casi legati all’immigrazione e che per primo afferma di prendere le distanze da figure di questo genere. «Non ho mai amato molto i mediatori – spiega – perchè hanno spesso un interesse personale nello svolgere tale mansione e non si capisce mai dove vogliano portare effettivamente il cliente. Spesso ho l’idea che allo straniero che mi trovo dinanzi raccontino ben altro rispetto a quanto vien detto in studio – spiega ancora il legale – e quando vengono da me danno l’idea di voler fare, appunto, i propri interessi: sono pochissimi quelli che si offrono di mediare per amicizia e tendo a non farli entrare. Capita infatti spessissimo che dietro alla loro prestazione ci sia una sorta di ricatto: «Ti porto da un buon avvocato se mi dai qualcosa in cambio».

Ascari spiega anche come nel nostro paese una formazione effettiva per questa figura non esista. «Chi si improvvisa mediatore spesso lo fa perchè magari è più furbo rispetto ad altri e conosce bene la lingua. Ma corsi effettivi non ne ho mai visti fare di recente: è una qualfica che, diversamente da altri paesi europei, non ha mai avuto professionalità o una normativa specifica. In Francia, ad esempio, per diventare mediatore è necessario frequentare un corso della durata di tre anni. Quando mi è capitato di chiedere alla persona in questione come fosse diventata mediatore, mi ha semplicemente risposto: imparando l’italiano». Ad intervenire sul tema anche Elena Oliva, presidente dell coop Caleidos che, occupandosi di accoglienza profughi, sovente si rivolge a queste figure.

«Da parecchio tempo, purtroppo, non vengono organizzati corsi regionali riconosciuti ma i ragazzi di cui ci avvaliamo noi li hanno frequentati in passato - spiega. Ma è una garanzia? Credo che l’unica garanzia sia quella legata alla persona che ti trovi davanti. Noi come requisito sicuramente cerchiamo persone laureate o diplomate, preferibilmente in Italia. Poi le sottoponiamo a colloqui e ad un sistema di valutazione effettuato da un coordinatore del servizio mediazioni. Quella comparsa su facebook è che giustamente ha sollevato il caso mediatori è l’affermazione di una persona stupida ma non si può generalizzare: si è fatto portavoce di una sua personale considerazione, ma fortunatamente non si assiste a cose del genere ogni giorno. Non è certo il Corano che prevede cose simili. E’ chiaro che – continua Oliva – noi facciamo una selezione molto attenta occupandoci anche dei servizi scolastici e, ad oggi, di esperienze spiacevoli non ne abbiamo avute. Ai nostri mediatori, però, facciamo sottoscrivere anche un codice deontologico che devono accettare ma non nascondo che sia faticoso comunque cercare e reperire persone competenti. Anche per questo l’opinione pubblica dovrebbe smettere di demonizzare le cooperative o gli enti: non possiamo controllare come si comportano nella vita privata».