Il negozio in affitto diventa una moschea, i residenti: "E' irregolare"

In via Alassio: "Pregano dall’alba, è un via e vai continuo"

Alcuni frequentatori  mentre entrano nel locale

Alcuni frequentatori mentre entrano nel locale

Modena, 4 luglio 2015 - La facciata è quella di un negozio come tanti. Ma ciò che succede tra le sue mura e le sue vetrate – che ora appaiono schermate da tende – sta creando preoccupazioni in un intero quartiere. Siamo in via Alassio 228: da tre mesi il negozio, al piano terra di un grande condominio, è stato affittato dal proprietario a una realtà che, secondo quando si legge sulla porta, si chiama associazione culturale Tekwah. Fin qui nulla di strano, se non fosse che quel luogo di ritrovo si starebbe trasformando, di fatto, in una moschea.

Chi ha sbirciato dentro, racconta di aver visto stesi diversi tappeti e libri del Corano. Un gruppo di persone di fede islamica si raduna in diversi orari del giorno per la preghiera: lo farebbero dalle prime ore del mattino, a partire dalle 4, poi alle 18 e anche alla sera dalle 22 in poi. Stando ai racconti, nel piccolo locale di via Alassio si incontrerebbero fino a una trentina di persone. Ora, in periodo di Ramadan, sono stati visti portare vivande, cuscini e materassi, per poi passarvi la notte.

I residenti si sono rivolti all’amministratrice condominale del complesso ‘Alassio Le Torri’ perché, a nome di tutti, cercasse di capire se questa situazione è regolare: «Premetto che non siamo razzisti e non abbiamo nulla contro queste persone – esordisce l’amministratrice Eva Vaccari –. Abbiamo saputo tre mesi fa che il locale era stato affittato a quest’associazione, poi i residenti mi hanno detto di aver visto disporre tappeti per terra e si sono insospettite. Nei mesi successivi sia io sia alcuni condòmini abbiamo visto con i nostri occhi che si radunano a pregare. Ma li abbiamo anche visti entrare e uscire alla spicciolata con coperte, trolley e cibo. Perché queste persone – chiede l’amministratrice – devono pregare dentro un negozio?». La destinazione del locale è C2, cioà attività commerciale, e non E7, cioè luogo di culto.

Vaccari segnala la situazione al Comune: «Ho spedito diverse mail raccontando cosa succedeva». Poi si rivolge, a nome del condominio, a un legale. L’avvocato Giuseppe Ferrari Amorotti invia alla polizia municipale e al Comune una lettera datata 20 aprile: «Numerosi condòmini, per non dire la totalità – scrive – lamentano che il negozio sarebbe usato quotidianamente da numerose persone quale luogo di preghiera a orari prestabiliti, con inizio alle 4 del mattino, e che tale attività, piuttosto rumorosa per il continuo via vai, sta creando notevoli dosagi a tutto il vicinato. Fermo restando che non si intende mettere in discussione il diritto di professare la propria fede, è anche vero che ciò deve avvenire nel rispetto dei diritti di tutti. Se dovesse essere accertato che il negozio viene davvero usato a tale scopo, bisognerà verificare che siano rispettate tutte le prescrizioni sui luoghi di culto, a partire dalla destinazione d’uso, nonché in materia di sicurezza». La polizia municipale ha risposto, ma le sue parole vengono giudicate da Vaccari «insoddisfacenti».