Il killer di Gorghetto rimane in carcere dopo la confessione choc: "Mia moglie era tutto per me, ho tentato di rianimarla"

Bomporto: il duplice omicidio nelle parole di Grieco, chiuso più di 36 ore in casa. Il giudice ha disposto la misura cautelare pur non convalidando il fermo FOTO Il delitto di Gorghetto

Francesca Marchi, uccisa a Bomporto dal marito

Francesca Marchi, uccisa a Bomporto dal marito

Gorghetto di Bomporto (Modena), 20 maggio 2015 - Resta in carcere Francesco Grieco acccusato del duplice omicidio della moglie e della suocera nella loro casa di Gorghetto di Bomporto. È cominciato tutto verso le 16 e 30 di sabato, al primo piano di quella villetta rosa, civico 19 di via Padella, Gorghetto di Solara, Bomporto (foto). Dopo un’ora di sonno Francesca Marchi si alza dal letto per infilarsi le calze. Il marito, Francesco Grieco, le è accanto, dietro le sue spalle. L’uomo improvvisamente la afferra; lei pensa subito a uno scherzo. Dice: «Che fai? Dai, smettila». Poi, però, le mani del 54enne disoccupato (ex perito chimico, guardia giurata e portiere all’hotel Cardinal) si avvicinano al collo dell’insegnante 53enne e cominciano a stringere, molto forte. Grieco la sta strangolando. Per vincere la resistenza di sua moglie in un secondo momento prende un asciugamano e glielo mette davanti alla bocca. La donna giace nel letto. È morta soffocata

«Lei era la mia vita. Non so perché l’ho fatto», dirà Grieco lunedì davanti al pubblico ministero Claudia Ferretti. «Ho tentato in tutti modi di rianimarla, anche con la respirazione bocca a bocca», un particolare che potrebbe dare forza all’incapacità di intendere e di volere. I due erano sposati da 15 anni, «un matrimonio che funzionava. Stavamo bene insieme», ripeterà nel corso del lungo interrogatorio in procura. Dopo il raptus, sabato, l’uomo cade in un limbo. Che ho fatto? E adesso, che faccio? Per prima cosa sistema il corpo di Francesca nel letto. Con cura estrema, al punto che alla vista dei carabinieri, appare come una persona che sta dormendo. Sotto le lenzuola, braccia riposte fuori dalla coperta. Fatto questo, Grieco comincia a vagare per casa e prova a uccidersi. Col passare delle ore dal piano terra inizia ad arrivare un interrogativo che è il preludio del secondo omicidio.

A parlare Rina Tabarroni, 92enne, madre di Francesca. L’anziana, costretta a letto dall’età (Grieco di fatto da tempo è il suo badante), chiede dove sia la figlia. Più e più volte. Il genero si inventa delle scuse. Funziona per altre ore: «Francesca è fuori con le amiche». Non può andare avanti così: «O io o lei». Viene sera, poi notte. Siamo a domenica. Grieco esce, fa due passi. Qualcuno lo vede giusto pochi secondi nell’area verde davanti a casa. Dentro, al primo piano, c’è sempre il corpo di Francesca, sotto, nell’altra camera, l’anziana suocera che abita lì da decenni. 

La situazione degenera di nuovo già dal mattino. Grieco impugna un coltello da cucina, tenta il suicidio. Prova a togliersi la vita anche in altri modi. Ma non trova il coraggio. Scrive dei biglietti d’addio che sparge per casa. Così, improvvisamente, le sue azioni puntano in un’altra direzione. E allora il suo diventa un disegno (perché per il secondo omicidio c’è pure la premeditazione) che può avere soltanto un epilogo. Come? Entra nella camera dell’anziana, verso le 11 tenta di strangolarla a mani nude. Non è in grado, sorpreso dalla reazione. Esce dalla stanza, cerca qualcosa. La 92enne è ancora a letto, viva a quanto pare. Grieco impugna un martello di quelli piccoli che si usano per attaccare i chiodi al muro.

Torna dall’anziana e la colpisce più volte alla testa. Sul muro evidenti gli schizzi di sangue. Anche Rina Tabarroni è morta. Moglie e suocera sono state uccise. Il limbo riprende, lo stato confusionale cresce: «Ho dovuto accendere la televisione, ascoltare la musica. Non posso tornare indietro», altre parole da interrogatorio. La domenica di orrore scorre lentamente. Il pluriomicida esce un paio di volte dalla villetta. Passa il tempo sul divano. Siamo a 24 ore dal primo delitto, piano piano a Gorghetto è di nuovo notte. La seconda senza sonno per il 55enne. Alle 6 e 50 di lunedì mattina telefona al 118: «Venite, mia suocera sta male». Alle 7 e otto minuti compone un altro numero, quello di Franco Marchi. Il fratello di Francesca e figlio di Rina. Abita a Modena.

«Vieni, mia suocera sta male. Perde sangue dalla testa». I primi ad entrare in quella casa rosa di via Padella sono volontari del 118. Al primo piano vedono Rina con la testa sfondata e al piano superiore Francesca Marchi, che è morta da più di 36 ore. Da lì a poco le sirene di ambulanza e carabinieri. Alla vista dei militari dà una versione dei fatti che semplicemente non ha senso: «La notte l’ho passata sul divano. Non ho sentito o visto niente. Le ho trovate morte stamattina alle sei e mezza quando mi sono svegliato».

Ma i militari e il pubblico ministero Claudia Ferretti ci mettono una manciata di minuti a capire che non ci sono effrazioni; che dalla borsetta di Francesca spuntano 300 euro in contanti; che la casa è in ordine; che Francesco Grieco è l’unico a poter dare risposte. Verso le due del pomeriggio l’uomo viene caricato su un’auto dei carabinieri. Dopo le 22 di lunedì l’uscita dalla procura da reo confesso, accusato di omicidio aggravato, continuato e premeditato (solo per la suocera). L’uomo ora è al Sant’Anna, in attesa della convalida del fermo, prevista per le 9 e 30 di oggi.