Caso cardiologia, Sangiorgi: "I soldi delle multinazionali per la ricerca"

Il professore imputato: "Macchinari poi donati al Policlinico"

Il professor Massimo Sangiorgi

Il professor Massimo Sangiorgi

Modena , 1 dicembre 2016 - Ha tenuto testa alle domande del pm per tutto l’interrogatorio, per poi ammettere alle fine: «Sono un universitario, non sono stato capace di seguire la parte burocratica tanto ero preso dall’attività clinica e dalla ricerca, non sapevo che la mia posizione di socio fondatore della Onlus in cui confluiva il denaro delle aziende biomedicali fosse incompatibile con quello di sperimentatore, nessuno me lo ha mai detto e negli altri ospedali in cui ho lavorato non ho mai avuto problemi».

La legge non ammette ignoranza, certo. Ma se il professor Massimo Sangiorgi ha ammesso le sue lacune nella parte dell’inchiesta relativa all’incompatibilità tra i ruoli di clinico e ricercatore ben pagato dalle aziende che sponsorizzavano la sua attività, l’ex direttore del laboratorio di Emodinamica della Cardiologia del Policlinico e imputato principale del processo sulle presunte sperimentazioni abusive nel reparto, alcuni capi di accusa li ha smontati. Esaminato prima dai suoi avvocati e poi dal pm Marco Niccolini, ha passato in rassegna tutti gli studi che per l’accusa non erano autorizzati e per i quali le multinazionali avrebbero versato soldi alle sue Onlus in cambio di pubblicazioni sulle riviste scientifiche internazionali.

Secondo il professore la maggior parte di questi studi erano stati sottoposti e «approvati dal comitato etico» e utilizzavano stent ufficiali: «I versamenti non erano altro che soldi per comprare le attrezzature con cui portare a termine gli studi sponsorizzati – ha detto Sangiorgi – Il Policlinico non aveva denaro per acquistare macchinari. Li abbiamo comprati con le sponsorizzazioni e poi li abbiamo donati all’ospedale». In molti casi, Sangiorgi ha spiegato come i fondi confluiti nelle Onlus sia servito per gli studi e come alla fine l’ospedale ci abbia guadagnato visto che il materiale restava a disposizione del reparto.

«Abbiamo comprato tramite la Onlus, ad esempio, una colonna di reagenti cromatici per lo studio Renal Guard, un sistema Otc sonde, un software per la lettura dei dati, tutta roba da noi donata al Policlinico. Altro denaro era invece il corrispettivo delle consulenze scientifiche che facevo per le aziende – ha spiegato – Uno come me costa 1500-2000 euro al giorno per la partecipazione a congressi». Ecco spiegati, a suo dire, i bonifici da migliaia di euro per consulenze prestate in tutto il mondo. Non solo, per quanto riguarda alcune sperimentazioni ritenute ‘fantasma’, Sangiorgi ha riferito che non si trattava di studi ma di «registri osservazionali, per questo non venne chiesta l’autorizzazione, non ce ne era bisogno».

Sul conflitto di interesse sollevato dall’accusa relativo al ruolo di consulente per le aziende biomedicali e quello di medico sperimentatore che da quelle aziende riceveva denaro, il 52enne sostiene di non vedere conflitto: «Non ho mai operato o trattato pazienti privatamente al di fuori del Policlinico con cui avevo un contratto di esclusiva, mi sono limitato a dare consulenze scientifiche anche come anatomopatologo (e non da cardiologo) nell’ambito della ricerca, sono sempre stato corretto, tant’è che in un caso lo studio portato a termine rivelò un esito negativo per la multinazionale che non esitai a divulgare». Per quanto riguarda le sperimentazioni riuscite, non tutti gli studi furono pubblicati.