"Cardiologia, la prof Modena non poteva non sapere"

Le motivazioni della sentenza di condanna in primo grado a 4 anni

La professoressa Maria Grazia Modena

La professoressa Maria Grazia Modena

Modena, 21 ottobre 2015 - «Sui conti della Modena non sono passati soldi ‘entrati’ dalle aziende biomedicali, ma, essendo a capo del reparto, non poteva non sapere che tipo di attività avveniva all’interno». Dopo oltre otto mesi di attesa, il giudice Andrea Romito motiva la condanna della prof Maria Grazia Modena a quattro anni di carcere, sentenza arrivata con rito abbreviato a febbraio 2015.

Motivazioni auspicate a più riprese dalla stessa professoressa, proprio in ragione del ‘diritto alla difesa’ e reputate dai legali della stessa, gli avvocati Jovino e Stortoni, come «un copia e incolla delle informative della procura, riprese poi dal pubblico ministero» e in base alle quali, ora, costruiranno il ricorso in appello. Nelle motivazioni, in realtà, ben poco viene esplicato in merito alle presunte sperimentazioni che sarebbero avvenute all’interno del reparto di cardiologia. Ben più si ‘desume’, invece, circa la presunta ‘finalità associativa’ della stessa organizzazione.

«Al di là dei dati oggettivi – motiva il giudice –, si taglia sullo sfondo in modo evidente una più ampia forma di condivione di intenti, trascendente la mera assegnazione di utilità non dovute mediante la assunzione di condotte abusive, la attestazione del verificarsi di eventi in realtà inesistenti o la sistematica violazione di elementari regole della buona pratica clinica e correlata alla messa a disposizione delle proprie energie intellettive, in vista del perseguimento di un obiettivo di maggior portata, perché involgente più oggetti tutti interessati a trarre vantaggio – in termini pecuniari o morali – dalle illecite relazioni con le imprese biomedicali, in ciò traducendosi allora il vincolo solidaristico nel quale si sostanzia la fattispecie associativa».

Assunto legato alle ‘scelte’ svolte dalla professoressa nei confronti dei collaboratori. Infatti, nell’ambito dell’ipotesi accusatoria, il giudice che nulla riferisce in merito alle testimonianze fornite dalla difesa, ribadisce la centralità delle figure dell’emodinamista Sangiorgi e della Modena, attorno alle quali «orbitano in via stabile e continuativa i soggetti a cui è ascritta la partecipazione alla fattispecie associativa, ciascuna con un apporto causale funzionale al perseguimento del risultato cooperativo consistente nell’acquisizione di utilità non necessariamente connotate in termini pecuniari da parte di un ampio novero di imprese biomedicali».

Allo stesso tempo, però, il giudice Romito, – in accordo con la tesi avanzata in sede processuale dalla difesa e accolta dal pm – spiega come «sia punto condiviso dalle parti e corrispondente ai dati probatori la mancata percezione, da parte della Modena, di dazioni pecuniarie provenienti dalle imprese biomedicali, sicchè, nell’ottica accusatoria, il beneficio tratto dall’imputata sarebbe consistito nell’accresciuto prestigio personale, derivante dalla direzione di un reparto all’avanguardia nel settore delle sperimentazioni, fino all’arrivo del Sangiorgi».

In sostanza, il giudice riporta quanto già emerso dalle informative e a più riprese contestate dagli avvocati della donna, che ricordano come la stessa, vista la sua posizione, non avesse bisogno di ‘fare carriera’. Punto sul quale, invece, più volte il giudice interviene nelle motivazioni, spiegando come la prof, «nella qualità di direttore del dipartimento di emergenza – urgenza, costituiva ed organizzava il laboratorio di emodinamica (…), promuoveva e tollerava le sperimentazioni illecite condotte presso il laboratorio, al duplice fine di trarne beneficio in termini di carriera, essendo indicata quale autrice di pubblicazioni ed abstract e di prestigio personale corrispondente all’incrementata entità del numero di stidi cinici svolti».

Nelle motivazioni, inoltre, Romito spiega come «sia conclusione logica e plausibile che l’imputata, anche nell’ipotesi che non avesse disposto di una rappresentazione analistica dei singoli protocolli di studio, fosse a piena conoscenza del fatto che la attività di sperimentazione aveva acquisito nell’ambito del reparto da ella diretto, a decorrere dall’arrivo di Sangiorgi, carattere preponderante – proprio in aderenza alle finalità in vista delle quali si era perfezionata la chiamata del coimputato e che fra tale dato quantitativo e le relazioni commerciali intessute dall’emodinamista vi fosse un rapporto di derivazione diretta». In sostanza, secondo il giudice, non poteva non sapere.