Modena, acido contro il primario. "Una ferita ancora aperta"

Stefano Tondi racconta. "Non ho voluto essere in aula, sarebbe stato troppo doloroso"

Carabinieri in servizio

Carabinieri in servizio

Modena, 20 ottobre 2017 - In tribunale, ieri mattina, non è andato, «perché essere lì avrebbe evocato dentro di me ricordi ancora dolorosi». Dopo aver ricevuto la telefonata del suo avvocato, Roberto Mariani, che gli riferiva della condanna ad otto anni nei confronti del suo aggressore Daniele Albicini, il dottor Stefano Tondi qualche parola l’ha però rilasciata, considerando che, in fin dei conti, almeno ‘simbolicamente’ la brutta storia che lo ha visto vittima a partire dalla sera del 10 novembre 2016 è arrivata ad un primo, importante, finale (altri ce ne potrebbe essere a seconda delle decisioni degli avvocati della difesa).

È lo stesso Tondi a spiegare il concetto: «Posso dire con grande tranquillità – le parole del direttore del reparto di Cardiologia all’ospedale di Baggiovara – e con grande pacatezza che ho deciso di non partecipare all’udienza perché sì, ciò avrebbe evocato in me ricordi troppo dolorosi. Per prima cosa mi sento di ringraziare per davvero i carabinieri del nucleo Investigativo, il procuratore Lucia Musti, il mio legale. Ho sempre avuto fiducia nella giustizia, in senso lato, ma al contempo non ho mai avuto esigenze o desideri di vendetta. Nulla – aggiunge il medico centrato al volto dal getto di soda caustica, ‘sparata’ da una comune pistola ‘ad acqua' (FOTO) – potrà restituire a me e alla mia famiglia ciò che era prima di tutto questo dolore. Un dolore che ha profondamente condizionato la mia vita. Nulla. In questo momento sto cercando di riappropriarmi di quella vita, della mia vita, e spero, col tempo, di riuscire ad eliminare quei ricordi».

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Il medico rilascia un solo commento in merito alla condanna, ovvero al suo peso, con un importante distinguo: «Trovo che la giustizia sia stata equa, che si sia comportata in modo equo, ma possono anche dire che non provo alcun tipo di sentimento. Nel senso che – aggiunge Tondi – avrei accettato qualsiasi tipo di sentenza, perché ho fiducia nella giustizia. Ma quello che è successo – aggiunge – rappresenta un danno estremamente doloroso, al punto che no, non provo sentimenti in questo senso».

Ora che il processo di primo grado si è chiuso e dopo che tante ipotesi (probabilmente anche troppe) hanno riempito i giornali nelle settimane e nei mesi seguenti all’aggressione, una domanda, prima magari inopportuna, si può formulare. Tondi si aspettava che quanto gli è successo fosse legato ad un contesto del genere, ad una aggressione, come emerso in aula, maturata per motivi passionali?

«No, non ho mai pensato a uno scenario del genere – risponde Tondi –. Stavo attraversando un periodo molto doloroso della mia vita, per via di motivi strettamente personali, ed ero appena stato a trovare mia figlia in Australia, cosa grazie alla quale un po’ mi stavo riprendendo, poi è successo quello che è successo. Per tutte quelle settimane in ospedale, quando sono stato curato in maniera encomiabile, continuavo a chiedermi chi potesse essere stato a farmi una cosa del genere. Non dimenticherò mai quello stato di tristezza. Ancora oggi – conclude Tondi – quando la mattina mi sveglio, mi trovo a chiedermi come e perché sia stata possibile una cosa del genere».