Violentò la ex convivente, condannato a 5 anni di carcere

Formigine, l’orribile gesto dopo mesi di minacce e pedinamenti: 'Sei ancora mia'

Vittima della violenza, una 30enne

Vittima della violenza, una 30enne

Formigine (Modena), 7 febbraio 2017 - Senza far rumore si è introdotto in casa della sua ex fidanzata e, senza alcuno scrupolo, le ha messo le mani al collo, per poi strapparle gli abiti e violentarla. E’ stato condannato ieri a cinque anni di carcere un tunisino di 30 anni, arrestato a luglio dello scorso anno dai carabinieri di Formigine poco dopo aver commesso l’orribile gesto. L’uomo, processato col rito abbreviato, ha sempre sostenuto di aver avuto quel pomeriggio un rapporto consenziente con l’ex convivente. Ma le prove di quella violenza raccolte dagli inquirenti – tra le quali le ecchimosi riscontrate sul corpo della vittima – lo hanno incastrato tanto che il giudice ha accolto la richiesta del pm Mazzei, condannando lo straniero a cinque anni di carcere. La violenza sessuale, tra l’altro, è stata solo l’ultimo ‘atto’ di una storia di persecuzioni e minacce. Come spesso, purtroppo, accade. Tutto ha inizio la scorsa estate quando la giovane, che da poco tempo convive con lo straniero e sua coetanea, decide di lasciarlo.

La 30enne, infatti, che lavora in ambito ospedaliero, si accorge sin dall’inizio dei comportamenti violenti del compagno e dei suoi modi ossessivi e decide di troncare la relazione. Lui non accetta la fine del rapporto però; lei è sua e glielo continua a ripetere. Dinanzi al rifiuto della ex, però, iniziano le persecuzioni, ‘condite’ da insulti, minacce, pedinamenti. L’uomo comincia a chiamarla giorno e notte, a seguirla sul luogo di lavoro, a torturarla psicologicamente tanto che la giovane comincia a temere per la propria incolumità. Scatta così una prima denuncia, seguita da altre nelle quali la vittima mette nero su bianco le persecuzioni che è costretta a subire da troppo tempo.

Gli inquirenti comprendono la pericolosità della situazione e fanno richiesta di ammonimento nei confronti dell’uomo, prontamente concessa. Ma neppure il provvedimento convince l’uomo a desistere dal suo intento persecutorio tanto che, un pomeriggio di luglio, certo di potersi ‘riprendere la propria donna’, si introduce nell’abitazione della 30enne. Lei inizialmente non si accorge di nulla poi, all’improvviso, se lo trova davanti. Prova a gridare, a chiedere aiuto ma è sola in casa e nessuno la sente. Così lui, con una ferocia inaudita, le stringe le mani al collo, fino quasi a farle perdere i sensi e le strappa gli abiti, per poi violentarla con forza e abbandonarla quasi esanime. Poche ore dopo i carabinieri lo raggiungono e lo ammanettano con l’accusa di stupro. Lui prova a difendersi: «Lei lo voleva. Segni sul collo? Non mi risultano».

Ma al giudice quelle violenze a quanto pare sono risultate, così come nei referti ospedalieri tanto che per l’imputato, ieri, sono stati disposti cinque anni di carcere.