"La mia infanzia nella prima band di Vasco. Ero il suo chitarrista"

Il racconto di Severino Valisi: «Eravamo i ‘Little boys’»

Il titolare della pasticceria Dondi con la foto del primo complesso di Vasco Rossi

Il titolare della pasticceria Dondi con la foto del primo complesso di Vasco Rossi

Modena, 26 marzo 2017 - «Era il 1979 e Vasco ormai lo sentivo solo per telefono perché iniziava ad essere famoso. Parlando del più e del meno mi disse una frase che non scorderò mai: ‘Guarda Severino, costi quel che costi ma io il successo lo faccio... vedrai’. E aveva ragione...». Ci sono attimi nella vita che restano indelebili, a maggior ragione se la tua esistenza si è intrecciata con un sogno divenuto realtà. E se quel sogno risponde al nome di Vasco Rossi non c’è molto da aggiungere. Lo sa bene Severino Valisi, proprietario della storica pasticceria Dondi in strada Vignolese. La sua infanzia custodisce qualcosa di speciale, un’avventura lunga tre anni, dal ‘63 al ‘66, in cui lo stesso Severino suonava la chitarra ritmica nel primissimo complesso del Blasco: un quintetto tutto ‘made in Zocca’ chiamato ‘Killer’ trasformatosi successivamente in ‘The Little Boys’. Erano gli anni dei Nomadi e dell’Equipe 84, dei Camaleonti e dei Dik Dik, fonti d’ispirazione unica per i ragazzini di provincia che volevano diventare qualcuno. «Vasco era il più piccolo di noi, ma già sapeva tenere il palco come pochi», racconta Valisi. «Lo conobbi grazie a Sandro, un cameriere che lavorava al ristorante ‘Irma’ dove consegnavo il pane del forno di mio padre. Fu lui a portarmi a una festa per l’ultimo dell’anno nella frazione di Casa Miro: tra gli invitati c’era anche Vasco che allora aveva 10 anni». La notte di euforia saluta l’arrivo del 1963, anno in cui – dice sempre Valisi – creammo una compagnia di amici inseparabile, unita dall’amore per i primi 45 giri».

Su decisione della mamma Novella Corsi, Vasco inizia a frequentare la scuola di canto del maestro Bononcini a Modena e la passione contagia i suoi compagni di scorribande. «Due volte a settimana partivamo in corriera da Zocca e scendevamo in città per seguire le lezioni di musica. Eravamo in cinque – continua Valisi –: io suonavo la chitarra ritmica, Alvaro Tebaldi il basso, Marco Rossi (cugino di Vasco) la batteria, Marco Gherardi ancora la chitarra e Vasco era la nostra voce. Ricordo ancora quando Vasco vinse l’Usignolo d’oro al Comunale e noi eravamo in platea a fare il tifo per lui».

Giovanissima, il più grande del gruppo aveva 13 anni, la ‘combriccola’ del Blasco va e viene dall’appennino. I ‘Killer’ poi ‘The Little Boys’ («cambiavamo nome continuamente», assicura Valisi) cominciano ad affacciarsi al mondo musicale. «Strimpellavamo i brani dei Nomadi e dei Camaleonti. Quando potevamo ci intrufolavamo al ristorante Panoramic per spiare i complessi che animavano la sala da ballo. Allora c’era una band di Modena, i Cefra, che ci faceva addirittura salire sul palco per suonare una canzone». E in questo racconto non mancano aneddoti che sembrano dettati da un destino che ha già tutto chiaro. «Nel ‘65 andammo in motorino a vedere un concerto di Patty Pravo alla ‘Lucciola’ di Castel D’aiano. Era pieno zeppo di gente, ma Vasco, che era il più esile, venne accompagnato dalla folla fin sopra al palco. Mi vengono i brividi a pensare che negli anni ‘90 fu proprio Vasco a scrivere per lei ‘E dimmi che non vuoi morire’... era un segno premonitore».

Nel ‘67 l’avventura s’interrompe: «Mi trasferii a Spilamberto. Fu strano lasciare tutto – ammette malinconico Valisi -: con Vasco e gli altri eravamo una famiglia. I nostri incontri si diradarono nel tempo. Una volta, nel ‘70, mi disse addirittura che aveva smesso di cantare perché era diventato stonato, poi fortunatamente iniziò a Punto Radio e scoprì il suo talento». La gloria inizia a dare del ‘tu’ al rocker e Valisi ricorda le tappe di quell’ascesa: «Lo vidi in uno dei suoi primi concerti a Bazzano nel ‘76 quando ancora erano in pochi ad ascoltarlo, ma già nel ‘79 a Bologna era tutta un’altra storia». Arrivarono gli anni della droga («a Zocca non gliela perdonarono per lungo tempo») e poi dei successi indimenticabili come ‘Colpa d’Alfredo’ e ‘Sally’. «L’ultima volta che l’ho visto? A Zocca la scorsa estate: ci siamo messi a parlare mentre giocava a carte al Bibap. Abbiamo riso e ricordato i vecchi tempi. E ogni volta – confida Valisi – mi fa un certo effetto pensare che anch’io, seppur in piccolo, faccio parte della sua storia incredibile...».