«Il Comune vuole che demolisca il mio dehor: ricorro al Tar, i documenti mi danno ragione»

Il titolare della ‘Balsamicheria’ Marc Busin: «Pronto a chiudere il mio locale»

Marc Busin, proprietario della 'Balsamicheria' in via San Paolo

Marc Busin, proprietario della 'Balsamicheria' in via San Paolo

Modena, 29 luglio 2015 - «Se piazzale Redecocca è tornato vivibile è soltanto grazie a noi commercianti. Il Comune sta invece facendo di tutto per ritrasformare questa area in un Bronx. E il provvedimento in cui si ordina la demolizione del mio dehor è l’ennesima prova di un atteggiamento incomprensibile». Marc Busin, proprietario della ‘Balsamicheria’ in via San Paolo, è un fiume in piena. Nella mano destra stringe il documento, datato 30 aprile 2015, in cui l’amministrazione dispone la rimozione della struttura per abuso edilizio, nella sinistra impugna con ancora più decisione il ricorso al Tar contro il Comune «perché mi sento vittima di un accanimento ingiustificato. Tre anni fa – prosegue Busin – ho versato 10mila euro di oneri comunali per aprire l’enoteca senza attingere a nessun contributo e ora mi obbligano addirittura alla demolizione».

E’ bene a questo punto fare un passo indietro e ricostruire una vicenda che definire intricata è poco, vicenda che dimostra, se ancora ce n’era bisogno, l’urgenza nell’approvare il Regolamento per i dehors in centro storico (due giorni fa l’assessore Rotella ha illustrato le linee guida in Consiglio). Lo stesso Busin, due anni fa, fu multato per avere appeso due bandiere, una italiana e una dell’Ue, vicino all’ingresso del suo locale e non avere rimosso le protezioni invernali del gazebo. Come prevede la legge, ogni anno il titolare della ‘Balsamicheria’ deve chiedere il rinnovo della concessione annuale per l’occupazione del suolo pubblico, richiesta inoltrata regolarmente a partire dal 2012.

Tralasciando la sopra citata sanzione, Busin vede rigettato l’accoglimento del rinnovo il 27 giugno 2014 per una difformità nella pedana di accesso al dehor. Quattro mesi dopo, come si legge nel ricorso al Tar, l’esercente presenta un altro progetto di allestimento e il 18 dicembre lo Sportello unico Attività produttive valuta positivamente la proposta, invitando Busin a consegnare entro un mese una nuova domanda con alcune modifiche progettuali. L’esercente brucia i tempi e quarantotto ore dopo, il 20 (questa la data da tenersi a mente nel prosieguo della storia), deposita tempestivamente il prospetto con gli accorgimenti caldeggiati dal Comune (riduzione dell’altezza della pedana, dei montanti, ecc.). Non ricevendo risposta, e confidando nel tacito assenso, il titolare apporta le modifiche alla struttura.

Cinque mesi dopo, il 30 aprile scorso, la doccia gelata: l’amministrazione ordina a Busin di rimuovere il dehor entro 90 giorni, senza fare nessun riferimento al progetto datato 20 dicembre. A conferma del pasticcio, il 3 giugno lo Sportello Attività produttive sollecita Busin a presentare il nuovo piano con le prescrizioni richieste il 18 dicembre, piano però (in teoria) già in mano del Comune.

Come se non bastasse, a giugno il commerciante ripresenta domanda di occupazione del suolo pubblico fino a maggio 2016, riproponendo il medesimo progetto. Niente da fare: l’amministrazione – si legge ne ricorso al Tar - «non tenendo conto del via libera dell’anno prima, né tantomeno delle modifiche depositate, rigetta la richiesta, adducendo alle irregolarità del dehor, all’erronea qualifica di rinnovo e al mancato pagamento della Tosap». In sostanza, è come se il progetto del 20 dicembre non sia mai stato visionato dagli uffici. E’ andato perso? Era inesatto? Un giallo, insomma, che però sta creando non pochi grattacapi a Busin: «Il mio chiosco è autorizzato dal 2012 e la cosa più assurda – tuona - è che ogni volta, prima di procedere, ho sempre chiesto parere preventivo al Comune. Sono chiuso da gennaio e qualunque cosa deciderà il Tar sono ormai deciso a trasferirmi altrove».