Spilamberto (Modena), 25 gennaio 2017 - Si propone di realizzare una ‘Consorteria 3.0’, capace di coniugare tradizione e innovazione. Maurizio Fini, 67 anni, ex imprenditore nell’ambito della fotografia, è stato nominato giovedì sera nuovo ‘Gran Maestro della Consorteria’ dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Spilamberto. Nei giorni scorsi i soci della Consorteria avevano eletto il nuovo consiglio direttivo, cui è spettato a sua volta il compito di nominare il Gran Maestro, ruolo ricoperto per tre mandati da Luca Gozzoli.
Cosa significa per lei essere stato nominato Gran Maestro?
«Una bella eredità e responsabilità (ride, ndr)! Ho alle spalle due Maestri ‘sacri’, come Gozzoli e Francesco Saccani, che è tra i fondatori della Consorteria. Sono davvero onorato: porterò avanti con tutto il mio impegno quello che è il compito della nostra associazione, fondata nel 1967 per promuovere, organizzare e sostenere iniziative e manifestazioni dirette alla tutela e alla valorizzazione dell’Aceto Balsamico Tradizionale, nonché alla diffusione della sua conoscenza nel rispetto assoluto della tradizione».
Una trazione centenaria…
«Forse anche millenaria! A noi spetta la custodia di quella che è un’autentica eccellenza del nostro territorio e la responsabilità della sua divulgazione senza alcuna contaminazione. Ogni anno, con l’avvio dei corsi di formazione, registriamo almeno 60/70 nuovi allievi, tutti giovani».
Come nasce la sua passione per l’aceto?
«Ero un bambino: mio nonno, reduce della prima guerra mondiale, mi chiedeva di aiutarlo quando andava in solaio: mi faceva tenere la gomma per spillare il vino e l’aceto. A 20 anni ho accompagnato il nonno a comprare del vino Trebbiano. Da neo sposo ho deciso di fare un ‘investimento’: due damigiane di vino. Causa l’inesperienza non le ho riposte in cantina, ma al sole: al ritorno dalle vacanze vi ho trovato dentro non vino ma aceto! In quel momento ho sentito che ero stato ‘chiamato’ dall’aceto stesso: ho riscoperto tutti gli insegnamenti del nonno e di mio padre e la passione per l’aceto mi ha completamente folgorato. Infatti sono nato a Ravarino, vivo a Modena da quando ho dieci anni, ma mi sento ‘spilambertese’ per adozione».
Cosa richiede la produzione di aceto?
«Passione, tempo e tanta pazienza. E rispetto delle antiche regole: acetificazione del mosto cotto. L’aceto è l’unico prodotto alimentare che ha un solo ingrediente».
Perché ‘Consorteria 3.0’?
«I tempi chiedono un ammodernamento, non nella produzione dell’aceto, ma nella comunicazione tra i soci. Insieme al mio gruppo di lavoro sto mettendo a punto un software, un’App che consente di registrare gli assaggi dei soci e gli anni di esperienza: ognuno potrà così facilmente seguire la propria evoluzione nel percorso da corsista a maestro».