Cani, boom di polpette avvelenate nei parchi. E' allarme

Il monito della polizia municipale: "Non basta scrivere sui social"

Un cane al parco

Un cane al parco

Modena, 3 maggio 2016 - «Bocconi avvelenati, non basta scrivere su Facebook: segnalateci tutti i casi». L’esortazione arriva da Roberta Prandini, ispettore della Municipale e responsabile del Nucleo di Polizia di prossimità che, tra le varie competenze, si occupa anche del benessere degli animali.

La piazza virtuale rappresentata dai social network può essere infatti «inizialmente utile», ma «non è sufficiente. In questi casi esiste una procedura d’intervento molto precisa che non può essere attivata senza una qualificata segnalazione». L’agente fa riferimento all’ultimo episodio al parco della Resistenza: «Lo abbiamo appreso leggendo il vostro giornale, i cittadini non ci avevano informato. Ma bastano pochi minuti per consentire un intervento pressochè immediato e concreto. Vengono apposti segnali d’allerta e si passa poi alla delimitazione e bonificata dell’area». Sottolinea che «spargere esche avvelenate» significa «non solo mettere in pericolo la vita degli animali ma anche quella dei bambini che giocano in quel prato. Si tratta di un atto gravissimo. In gioco vi è la salute pubblica».

Rivela poi che i veleni usati sul territorio modenese «sono per lo più rodenticidi e lumachicidi, che causano agonie anche molto lunghe. È molto difficile incastrare i responsabili, a meno di testimonianze molto precise o immagini delle telecamere». Differente è quando i bocconi vengono rinvenuti nei giardini delle abitazioni private. Spesso a metterli «sono residenti nelle vicinanze». Oltre alle polpette avvelenate, a minacciare «gli animali d’affezione vi sono i sempre più frequenti maltrattamenti». E porta a supporto le già 104 richieste d’intervento giunte dall’inizio dell’anno. «Eventi sentinella - li definisce - di comportamenti criminali che possono essere messi in atto anche nei confronti di bambini, donne, anziani. Sono veri e propri indicatori di pericolosità sociale». I responsabili sono spesso modenesi «insospettabili e non, come si crede generalmente, persone indigenti o che vivono in un degrado culturale. Sono cittadini ‘normali’ che instaurano una relazione asimmetrica e scorretta con il quattrozampe. E i maltrattamenti non sono solo di tipo fisico ma anche psicologico, ad esempio costringendo i ‘pelosi’ a vivere in condizioni pessime».

Roberta Prandini è proprietaria di due cani - «Frida viene da un sequestro, Rufus da un abbandono» - ed è a capo di una squadra formata dalle assistenti Patrizia Boccedi e Maria Assunta Firinu. Nel 2015 sono entrate in azione 263 volte, e il trend di quest’anno «non promette purtroppo nulla di buono». Dello stesso parere è Piero Milani, fondatore e titolare del centro fauna selvatica ‘Il Pettirosso’ che è diventato un vero e proprio punto di riferimento sul territorio. Dall’inizio dell’anno sono infatti già state 120 richieste d’intervento da parte delle istituzioni e 471 gli animali entrati nella struttura. «Maltrattamenti e abbandoni sono diventati una triste realtà preossochè quotidiana - afferma Milani -: per tanti, troppi modenesi è diventato ormai ‘normale’ buttare nel cassonetto animali vivi. Tartarughe, cavie, persino colombi: sono stati diversi i casi di ritrovamenti in questi mesi. E consideriamo che non sappiamo nulla di quelli che nessuno ha visto...». Le ragioni di gesti «così deplorevoli» sono «numerose. Nella nostra esperienza, notiamo che molti abbandonano animali vecchi o malati che necessitano di cure. Altri lo fanno perchè devono andare in vacanza, e c’è chi sente gli effetti della crisi e non può più permettersi di mantenere un animale e così lo lascia per strada». Una cosa è comunque certa: «Si tratta di un fenomeno che riflette la civiltà del nostro Paese e la tragica scomparsa dei valori. Per questo ritengo che dovremmo preoccuparci davvero molto...».