Galleria Estense, la rinascita del nostro museo

Oggi l’inaugurazione col ministro. Tre giorni di festa con ‘Notti barocche’

Galleria Estense

Galleria Estense

Modena, 29 maggio 2015 - Il grande giorno è arrivato. Oggi pomeriggio alle 18.30, alla presenza del ministro ai Beni culturali Dario Franceschini, la Galleria Estense riaprirà, a tre anni esatti dal terremoto. Per la Galleria è come una rinascita, anche perché è stata inserita fra i venti musei nazionali (l’unico in Emilia Romagna) che godranno di autonomia gestionale. Per celebrare il ‘ritorno’ dell’Estense, da oggi a domenica 31 a Modena si accendono le Notti barocche, un’allegrezza di luci e di musiche, giochi scenici, mostre e grandi interpreti: trenta appuntamenti, tutti a ingresso gratuito.  PROMOTORI dell’iniziativa sono la Galleria Estense, la Fondazione Cassa di risparmio di Modena, il Comune di Modena e il Consorzio per il Festival Filosofia, che ha curato il programma di questo speciale e attesissimo weekend. 

 

MI VERGOGNO a dirlo, ma per prima cosa ho pensato alla Ghirlandina. E subito dopo al ritratto di Francesco I custodito con tanti altri capolavori nella Galleria estense: un quadro che ho sempre considerato il ‘mio’ Velázquez personale, visto che in famiglia ne possedevamo una copia ottocentesca. Appena ho saputo che Modena e il suo territorio erano l’epicentro del terremoto – ma già l’avevo presagito svegliandomi di soprassalto verso le quattro di mattina, nel mio letto milanese agitato dalle scosse – quel 20 maggio di tre anni fa il mio pensiero è volato al pericolo che correvano il duomo con la sua torre e la Pinacoteca, due simboli forti della città in cui sono nato.

SONO sempre le catastrofi a rivelarci per cosa palpita davvero il nostro cuore. Certo, ero in ansia per gli amici e i familiari. Come no? Ma tutta l’angoscia e la preoccupazione per i miei simili, tra cui un paio di fratelli, sembravano condensarsi attorno a un quadro e a una torre. Nei giorni scorsi i quotidiani hanno parlato molto delle distruzioni compiute dall’Isis sullo straordinario patrimonio artistico e culturale della Siria, e subito qualche moralista s’è affrettato a chiedersi se non fosse più importante esecrare le tante stragi di civili piuttosto che la rovina di remoti capolavori di pietra. Come se di pietra fosse anche il cuore di chi si strugge per la perdita di tante preziose testimonianze della civiltà. Ma il punto è proprio qui: nei marmi e nelle tele è custodito e tramandato il senso del nostro perenne cammino tra il fango e le stelle. Non è allora un caso se gli odierni fanatici del califfato islamico, come i talebani che nel 2001 distrussero i Buddha di Bamiyan, si dimostrano ugualmente implacabili verso gli esseri umani e verso le opere d’arte.

ED ECCO perché la riapertura della Galleria estense, con la sua ‘tre giorni’ di celebrazioni, è qualcosa di più di una festosa liberazione dall’incubo del terremoto. Riscoprire la bellezza d’un patrimonio artistico che ha rischiato di andare perduto è un rito collettivo e insieme una rivendicazione d’identità per ciascuno di noi. D’accordo, il ‘mio’ Velázquez di famiglia è stato venduto da tanti anni, e non c’è più la prof di storia dell’arte che ai tempi del liceo ci ripeteva indefessa ‘Notate l’eleganza del panneggio!’. Ma quelle ragioni del cuore che la ragione non conosce mi fanno considerare la rinascita della Galleria un po’ come la mia festa personale. E spero che lo stesso succeda anche a voi.